Bufera sul Campidoglio, arrestato De Vito del M5s

Marcello De Vito, presidente dell'Assemblea Capitolina.
Marcello De Vito, presidente dell'Assemblea Capitolina, durante la conferenza di presentazione del 6 Nazioni di rugby 2019 nel Salone d'Onore del CONI, Roma, 21 gennaio 2019. ANSA/RICCARDO ANTIMIANI

ROMA. – Il presidente dell’assemblea capitolina in manette per corruzione: secondo le accuse avrebbe sfruttato il suo ruolo in cambio di tangenti per favorire la realizzazione dei progetti di tre costruttori eccellenti nella capitale Parnasi, Toti, Statuto. Al centro della nuova tempesta giudiziaria che si è abbattuta sul Comune di Roma c’è Marcello De Vito, presidente dell’Aula Giulio Cesare e pentastellato ortodosso della prima ora.

Ma l’esponente M5s è ormai già fuori dal Movimento. A decretare la sua espulsione è stato lo stesso Luigi Di Maio, poco dopo aver appreso la notizia: “E’ vergognoso, moralmente basso e rappresenta un insulto a ognuno di noi”, sostiene il vicepremier, che in questa scelta ottiene il plauso del premier Conte e a cui si aggiungono con gli stessi toni il ministro Bonafede e Virginia Raggi.

“Chi ha sbagliato non avrà alcuno sconto da parte di questa amministrazione”, tuona la sindaca, che ha già indicato il vicepresidente dell’assemblea Enrico Stefàno, come sostituto di De Vito. E ora nel Pd c’è chi torna ad invocare le dimissioni di Virginia Raggi dopo l’ennesima bufera, mentre la Lega parla di “brutto colpo per Roma”.

Oltre all’esponente grillino, è finito in carcere anche l’avvocato Camillo Mezzacapo, collaboratore di De Vito e da lui indicato come destinatario di incarichi professionali, ovvero consulenze che per la Procura sono tangenti mascherate. Per l’architetto Fortunato Pititto, legato al gruppo imprenditoriale della famiglia Statuto, e Gianluca Bardelli, sono stati invece disposti i domiciliari.

Tutti arresti avvenuti nell’ambito di uno dei filoni dell’inchiesta sullo stadio della Roma, ma che non riguardano l’iter per l’impianto che dovrebbe sorgere a Tor di Valle ma tre progetti strategici urbanistici per i quali si erano tentate anche pressioni sull’assessorato: l’ex stazione di Trastevere, la zona della vecchia Fiera e la riqualificazione dell’area degli ex Mercati generali in zona Ostiense.

L’intermediatore delle operazioni corruttive sarebbe l’avvocato Mezzacapo, che secondo l’accusa avrebbero interagito con Marcello De Vito per ottenere provvedimenti favorevoli alla realizzazione degli importanti progetti immobiliari da parte di imprenditori come Luca Parnasi, già pesantemente coinvolto nell’inchiesta giudiziaria sullo stadio della Roma, e i fratelli Claudio e Pierluigi Toti, oltre all’imprenditore Giuseppe Statuto.

Un giro di mazzette da quasi 400mila euro, tra soldi erogati e promessi, elargiti dagli imprenditori sotto forma di consulenze alla società Mdl srl, che secondo il Gip era diventata una sorta di “cassaforte” nata per custodire i profitti raccolti illecitamente da Marcello De Vito e l’amico Mezzacapo. Per quest’ultimo – si legge dalle intercettazioni contenute nell’ordinanza – si trattava di sfruttare ancora per due anni una “congiunzione astrale” paragonabile all’allineamento della cometa di Halley.

Lo stesso De Vito sarebbe stato impaziente di dividere il bottino dei soldi erogati dai costruttori, “Va bene, ma distribuiamoceli questi”, diceva intercettato. Mezzacapo però, cauto e circospetto, lo invitava alla calma: “adesso non mi far toccare niente, lasciali lì…quando tu finisci il mandato”. Per finirlo “ci restano due anni Marcè”, diceva Mezzacapo mentre si godeva la “congiunzione astrale” e “la cometa di Halley”. Oggi però la stella di De Vito in Campidoglio è tramontata.

(di Lorenzo Attianese/ANSA)

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