Sindacati: “Con Quota 100 a rischio i servizi essenziali”

Una persona guarda la vetrata d'ingresso di una sezione Inps. Sindacati
Una persona guarda la vetrata d'ingresso di una sezione Inps.

ROMA. – Non è solo la sanità a rischiare di rimanere ‘scoperta’. I pensionamenti anticipati con quota 100 potrebbero compromettere la garanzia dei servizi essenziali della pubblica amministrazione. L’allarme arriva da Cgil, Cisl e Uil che, in un nuovo ciclo di audizioni sul decretone, stavolta alla Camera, sono tornate ad evidenziare tutte le problematiche legate all’introduzione di reddito di cittadinanza e revisione delle regole della legge Fornero.

Quota 100 – che già ha superato le 80.000 domande – penalizza le donne, chi ha carriere discontinue, i lavoratori al Sud, gli occupati in particolari settori produttivi caratterizzati da stagionalità o appalti, come quello agricolo o dell’edilizia, nei quali è difficile trovare un lavoratore con 38 anni di contributi, hanno sottolineato i sindacati.

A causa delle finestre il meccanismo non convince nemmeno per chi ha svolto lavori gravosi. Senza contare che è insufficiente la proroga al solo 2019 dell’Ape social. Per quanto riguarda il reddito è invece il nodo ancora irrisolto dei navigator a pesare, secondo le confederazioni, sulla riuscita nel nuovo strumento. Una questione su cui torneranno sicuramente anche le Regioni, che si riuniranno giovedì per fare il punto.

Per le associazioni agricole sono invece le modifiche introdotte al Senato a non essere efficaci. L’offerta congrua minima di 858 euro al mese “mette fuori gioco il lavoro part time e stagionale”, denuncia Confagricoltura, e “può creare grossi problemi” di reperimento di manodopera nel settore.

I problemi esistono invece già nel comparto giochi, a vero e proprio rischio sopravvivenza, secondo i rappresentanti di categoria. Dal decreto dignità ad oggi, evidenzia Sistema Gioco Italia, il Preu è aumentato 4 volte. Il settore giochi italiano è “il più tassato in Europa”: rispetto ad una tassazione pari al 22% dei margini in Germania, al 25% nel Regno Unito e al 38% in Spagna, in Italia si arriva a percentuali tra il 60 e il 70%. “Il settore non può più sostenere una tassazione di tale portata”.