Trump e Kim arrivano ad Hanoi, l’ora della verità

Donald Trump e Kim Jong Un durante il Summit a Singapore.
Donald Trump e Kim Jong Un durante il Summit a Singapore. (ANSA/AP Photo/Susan Walsh, Pool)

WASHINGTON. – Ad Hanoi tutto è pronto per il nuovo show tra Donald Trump e Kim Jong un. I due leader arrivano nella capitale vietnamita per il loro secondo summit dopo lo storico primo incontro di otto mesi fa a Singapore. Otto mesi in cui i rapporti tra il presidente americano e il despota di Pyongyang si sono fatti sempre più stretti, grazie anche a un fitto scambio di lettere degno di due “teenager innamorati”, come ironicamente scrive il Washington Post.

Del resto è stato lo stesso Trump, tempo fa, a confessare come si sia letteralmente “innamorato” di quello che fino a poco più di un anno fa era il suo più acerrimo nemico, con uno scambio all’epoca di insulti e offese senza precedenti nel panorama delle relazioni internazionali. Ma nonostante il nuovo corso gli esiti del vertice di mercoledì e giovedì appaiono più che mai incerti.

Da Singapore poco è cambiato, a parte la fine dei test missilistici di Pyongyang. E i vertici degli 007 Usa, ancora negli ultimi giorni, hanno ribadito con estrema chiarezza che l’obiettivo principale perseguito dall’amministrazione Trump è sostanzialmente irrealizzabile: è improbabile infatti che la Corea del Nord rinunci del tutto al suo arsenale nucleare, visto da Kim come una garanzia per la sopravvivenza del suo regime.

Il rischio è quindi quello di un summit vuoto di contenuti forti, ridotto più che altro a uno spettacolo che serve a entrambi i leader per rafforzare la propria posizione in patria, piuttosto che a gettare le basi per una futura maggiore sicurezza globale. Trump guarda alle elezioni del 2020 e vuole fare la storia, con l’intesa con la Corea del Nord che costituirebbe un pezzo non da poco della sua eredità. Senza contare – come sottolineano illustri osservatori – che il tycoon è più che mai allettato dall’idea di ricevere un giorno il premio Nobel per la pace.

Da parte sua Kim è più che mai deciso a guadagnare quel rispetto sul palcoscenico mondiale che finora gli è stato negato, con la comunità internazionale che ha continuato a considerarlo come un leader reietto. Kim punta poi a rafforzare il suo potere interno con una ripresa economica che dia sollievo a un Paese ridotto alla fame.

Si continua così a lavorare giorno e notte a un testo di dichiarazione da sottoporre alla firma dei due leader. Quello di Pyongyang potrebbe essere disposto a permettere ispezioni in alcuni siti nucleari e anche a chiudere il centro di ricerca di Yongbyon, non aprendo però le porte di altri siti che in gran segreto continuano a operare. Inoltre gli Usa potrebbero ottenere una road map un po’ più dettagliata per quanto riguarda lo smantellamento dell’arsenale nucleare di Pyongyang, che però difficilmente sarà totale.

In cambio Trump potrebbe fare un primo passo per riprendere formali relazioni diplomatiche tra Usa e Corea del Nord attraverso lo scambio di ufficiali di collegamento. E potrebbe accettare di porre fine al capitolo della guerra tra le due Coree con un trattato di pace che sostituisca l’attuale armistizio. Per quel che riguarda l’eventuale ammorbidimento delle sanzioni Usa, invece, per il momento non se ne parla. Almeno così ha lasciato intendere il segretario di stato americano Mike Pompeo alla vigilia.

(di Ugo Caltagirone/ANSA)

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