Trump spinge per intesa con Cina e rinvia la scadenza dazi

Foto archivio dell'incontro dei presidenti Donald Trump e Xi-Jinping
Foto archivio dell'incontro dei presidenti Donald Trump e Xi-Jinping

WASHINGTON. – Trump spinge sull’accordo con la Cina e, prima di volare ad Hanoi per incontrare Kim Jong un, annuncia il rinvio della scadenza del primo marzo per aumentare dal 10% al 25% i dazi su 200 miliardi di prodotti ‘made in China’. Una mossa attesa, nel tentativo di spianare definitivamente la strada a una storica intesa tra le due superpotenze mondiali la cui firma, azzarda il presidente americano, potrebbe avvenire in un nuovo summit con Xi Jinping entro la fine di marzo nella Casa Bianca d’inverno di Mar-a-Lago, in Florida.

Le Borse mondiali brindano, dall’Asia all’Europa fino a Wall Street, scommettendo sui segnali positivi che arrivano da Washington e da Pechino. Ma le preoccupazioni in America, anche nell’entourage del presidente americano, sono tante, e legate alle differenze non da poco ancora presenti sul tavolo dei negoziatori.

Il rischio – non nascondono molti esperti e commentatori statunitensi – è quello di un’intesa “al ribasso” che non affronti affatto o solo in minima parte le reali questioni poste dagli Usa, a partire da profonde riforme strutturali dell’economia cinese. Si teme che i risultati sperati possano essere sacrificati sull’altare di un accordo che Trump sembra ora volere a tutti i costi: perché il dossier della Cina, come quello della Corea del Nord, servono al tycoon per affermare una immagine di leader forte, affidabile e credibile in vista della campagna per la sua rielezione.

Così – spiegano fonti vicine al negoziato – si lavora ad un testo di circa 100 pagine che però sono ancora tutte da riempire in più punti cruciali. Trump su Twitter parla di “sostanziali progressi” su temi come “la protezione della proprietà intellettuale, il trasferimento di tecnologie, l’agricoltura, i servizi e i cambi”, ma senza fornire alcun dettaglio.

In realtà i colloqui sarebbero ancora in alto mare su alcuni punti cruciali: i sussidi e gli gli aiuti di stato alle aziende a cui Pechino non sembra voler rinunciare. E ancora il trasferimento alle imprese cinesi delle tecnologie delle aziende Usa che operano nel Paese asiatico. Ma le parti sarebbero anche divise su che tipo di forma dovrà prendere l’eventuale accordo.

Gli Stati Uniti premono per una clausola che garantisca il rispetto degli impegni da parte della Cina: o prevedendo un ritorno dei dazi su beni cinesi in caso di violazioni o stabilendo che i dazi siano tolti gradualmente man mano che Pechino centrerà gli obiettivi dell’accordo. Una impostazione che però i negoziatori cinesi hanno finora respinto, considerata del tutto iniqua. Anche perché – spiegano fonti vicine agli sherpa di Pechino citate dai media Usa – Xi deve tenere a bada il crescente sentimento nazionalista anche all’interno del gigante asiatico.

La verità nei prossimi giorni, prima per Trump c’è da sbrigare la pratica Kim. Nel frattempo il presidente americano sferra l’ennesimo affondo contro l’Opec, provocando una caduta del prezzo del petrolio: “I prezzi stanno diventando troppo alti”, ha twittato, chiedendo al cartello dei principali produttori di “rilassarsi e andarci piano”.

(di Ugo Caltagirone/ANSA)

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