“Oro della patria”, così funziona all’estero

L'entrata alla sede di Bankitalia, in via XX Settembre a Roma. Oro
Palazzo Koch, sede della Banca d'Italia a Roma. (ANSA)

ROMA. – Rischia di rivelarsi una bolla di sapone l’ennesima querelle che pare dividere il popolo, di cui si fa alfiere il governo, dalla tecnocrazia così plasticamente rappresentata dai banchieri centrali: ieri sul divieto di finanziare il deficit creando moneta, oggi sulla proprietà delle riserve auree. La vera questione non è infatti tanto la proprietà delle riserve, che sia del Tesoro (come accade in gran parte dei Paesi) o della banca centrale, una rilevante eccezione italiana (ed europea).

Quanto piuttosto che la proprietà giuridica delle riserve auree, anche quando appartiene allo Stato e, di riflesso al governo, non comporta la loro ‘disponibilità’ da parte del governo in un ordinamento democratico. Tanto meno – come nell’ipotesi che circola – come copertura ‘una tantum’ per una posta di bilancio che è invece strutturale, quale sarebbe la sterilizzazione degli aumenti dell’Iva derivanti dalle clausole di salvaguardia sottoscritte dal governo.

Le oltre 2.400 tonnellate di riserve auree, del valore di 90,8 miliardi di euro, in Italia non sono dello Stato ma della Banca d’Italia e fanno – come chiarisce Via nazionale – “parte integrante delle riserve dell’Eurosistema”. A dicembre il direttore generale di Bankitalia Salvatore Rossi chiarì che “sull’aspetto giuridico di chi sia la proprietà legale dell’oro si pronuncerà la Bce a cui abbiamo ceduto la sovranità quando è stato creato euro”.

E’ un po’ un’eccezione, quella italiana, perché dagli Usa alla Germania alla Gran Bretagna, l’oro appartiene allo Stato, non alla Fed, alla Bundesbank o alla Bank of England. E le banche centrali (non bankitalia) sono dello Stato. Ma Bankitalia fa parte della Bce, cui le banche centrali nazionali dell’Eurozona hanno conferito oltre 500 tonnellate d’oro. Ecco perché i vari tentativi di metter mano all’ ‘oro della patria’ sono finora naufragati.

Certo le riserve della Bce, in definitiva, sono delle banche centrali in proporzione alla quota di ciascuna nel capitale: e dunque, essendo le banche centrali degli Stati, in definitiva sono di questi ultimi (con Bankitalia che rappresenta un’eccezione). Per tutte le banche centrali delle economie avanzate, in ogni caso, un conto è la proprietà giuridica, altra cosa la disponibilità delle riserve auree, considerate un po’ come i ‘gioielli di famiglia’, un capitale che fa da fondamenta per la credibilità e solidità finanziaria di uno Stato, e cui nessuno si sognerebbe di attingere per far quadrare il bilancio.

Querelle fra Stato e banca centrale ve ne sono state. Ma hanno toccato aspetti come la localizzazione delle riserve, come nel caso della Bundesbank. Un’eccezione eclatante è stata la decisione di spedire all’estero fino a 30 tonnellate d’oro in cambio di euro in contanti. A prenderla, lo scorso gennaio, è stato un governo in disperata crisi di liquidità, il Venezuela di Nicolás Maduro.

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