Mattarella, in quattro anni blinda la Carta e vola in gradimento

Legittima difesa: Il presidente Sergio Mattarella nel suo studio al Quirinale mentre scrive. Banche
Il presidente Sergio Mattarella nel suo studio al Quirinale mentre scrive. (Ufficio Stampa Quirinale)

ROMA. – Il presidente che viene dalla Consulta conosce a memoria gli articoli della Costituzione, li usa e li spiega, e in quest’attività quotidiana blinda anche in questa terza repubblica i valori della nostra Carta fondamentale. E quindi “coesione”, “unità”, “solidarietà”, “Europa” e “diritti”, sono le cinque parole più usate dal presidente cattolico-progressista in questi quattro anni al Colle, spesi a tenere la barra dritta dell’Italia nelle linee fondamentali di politica interna e estera.

Oggi si apre l’anno quinto della presidenza Mattarella, con un “bottino” di consensi per l’inquilino del Quirinale impensabile nell’Italia populista e sovranista. Gli ultimi dati lo collocano in cima alla lista dei politici per gradimento, superando la lusinghiera cifra del 55 per cento e sfiorando il 60 proprio tra i Cinque stelle. Cifre non scontate, soprattutto se si va a riguardare quanto successo l’anno scorso.

Il 2018 è stato infatti un anno di scontri durissimi tra il capo dello Stato e i leader dell’attuale maggioranza, prima e dopo la formazione del governo Lega-M5s. Tanto da portare l’attuale vicepremier Luigi Di Maio a lanciare una richiesta di impeachment (stato di accusa) contro il presidente, reo di alto tradimento per il comportamento tenuto durante la crisi che ha poi portato alla nascita del Governo Conte. Un fulmine a ciel sereno durato pochi giorni e risolto con le scuse di Di Maio al capo dello Stato che, in realtà, aveva accompagnato sin dall’inizio la formazione dell’esecutivo giallo-verde.

In effetti Mattarella, nella gestione di quegli 88 difficilissimi giorni alla ricerca di una maggioranza, ha dovuto mettersi l’elmetto per frenare richieste e pretese sulla formazione della squadra di governo. E, fragoroso, resta il “no” sancito da Mattarella al nome di Paolo Savona per il Tesoro. L’economista di lunga esperienza era considerato dal Quirinale troppo sbilanciato in chiave “no-euro” e pericolosamente incline alla possibilità di un’uscita dall’Unione europea.

A questo si aggiunge che Mattarella ha voluto tenere un punto di principio che va ben oltre la sua persona: si trattava di tutelare l’istituzione della presidenza della Repubblica e le sue prerogative. Come quella sancita dall’articolo 92 della Costituzione, in base al quale il Capo dello Stato incarica il presidente del Consiglio e su proposta di questo nomina i ministri.

“Il presidente della Repubblica svolge un ruolo di garanzia che non ha mai subito né può subire limitazioni”. E’ un arbitro, non un notaio, spiegò successivamente dando il senso profondo del suo veto a Savona.

Come si vede la presidenza Mattarella ha da tempo effettuato il giro di boa del mezzo mandato, entrando con le vele spiegate nella seconda parte del suo settennato. Un periodo, quest’ultimo, che tradizionalmente vede i capi dello Stato più attivi e reattivi. Il tutto naturalmente riportato allo “stile Mattarella” che prima di parlare riflette e prima di agire puntella i suoi atti con gli articoli della Costituzione.

Una Costituzione che effettivamente Mattarella ha rivitalizzato e rinverdito nell’uso, riscuotendo il plauso quasi unanime delle forze politiche e, quello che più conta, il gradimento dei cittadini. Il tutto ragionando di temi complessi. Ma l’eloquio del presidente si nutre di una colta semplicità, tale da distinguersi nel mondo elementare dei cinguettii e dei post. Come ha dimostrato quest’anno il discorso agli italiani di san Silvestro che ha fatto registrare un’audience record sulle tv tradizionali e un’exploit sui social media.

Di Sergio Mattarella è sempre bene ricordare il tessuto nel quale si è formato e la sua storia personale prima della salita al Quirinale. Nato a Palermo nel 1941 (ha oggi 77 anni), è vedovo, ha tre figli e sei nipoti ed è fratello di Piersanti, assassinato dalla mafia nel 1980. Avvocato, sceglie la politica dopo l’assassinio del fratello. Milita nella Dc, poi nel Ppi, nella Margherita e nell’Ulivo.

Più volte ministro è stato vicepremier nel governo D’Alema, per poi lasciare il Parlamento nel 2008 non ricandidandosi alle elezioni. È eletto giudice della Corte costituzionale nel 2011 dove rimane fino alla sua elezione a Presidente della Repubblica il 31 gennaio 2015. Quattro anni alla Consulta che sono la cifra della sua presidenza, il carburante per trasformare freddi articoli in valori condivisi.

La Carta, sempre la Carta a ricordare, a far riflettere e, a volte, a richiamare alla realtà il mondo della politica: “la Storia insegna che l’esercizio del potere può provocare il rischio di fare inebriare, di perderne il senso del servizio e di fare invece acquisire il senso del dominio nell’esercizio del potere”.

Parole severe che Mattarella coniuga con auguri che ovunque nel mondo sarebbero normali ma che molti hanno notato nella “chiusa” del suo tanto apprezzato discorso di fine anno: “auguro buon anno ai cinque milioni di immigrati che vivono, lavorano, vanno a scuola, praticano sport, nel nostro Paese”.

Discorso che il presidente condisce con riuscita leggerezza ricordando con un sorriso come alcuni bambini di Torino gli abbiano consegnato la cittadinanza di un luogo immaginario: si chiama “Felicizia” e vuole indicare agli adulti l’amicizia come strada per la felicità”.

(Di Fabrizio Finzi/ANSA)

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