Il Venezuela tra due presidenti e una Forza Armata

Due presidenti, due Parlamenti e una Forza Armata che potrebbe essere l’ago della bilancia. Oggi il Venezuela è spaccato. Convivono due paesi diametralmente opposti. L’autoproclamazione del presidente del Parlamento, Juan Guaidó, che ha legittimato basandosi negli articoli della Costituzione che danno questo potere al Parlamento in caso di un vuoto di potere come quello che si sarebbe creato dopo le elezioni presidenziali del 20 maggio, che la comunità internazionale considera prive di legalità, ha colto di sorpresa il presidente della Repubblica, Nicolás Maduro. Da ieri, convivono due presidenti della Repubblica, una Assemblea Nazionale e una Assemblea Nazionale Costituente che lavorano parallelamente, e una Forza Armata monolitica solo in apparenza.

La reazione del mondo è stata immediata. In poche ore, la diplomazia internazionale, ad eccezione di quei paesi tradizionalmente “amici” del governo Maduro – leggasi Russia, Cina, Turchia, Cuba, Nicaragua, Bolivia, Iran, Siria -, si è schierata al lato del presidente ad interim, Juan Guaidó, espressione del Parlamento, unica istituzione considerata eletta democraticamente.

I paesi del “Grupo di Lima”, Stati Uniti, Canada, Francia e Germania, per nominarne alcuni, hanno riconosciuto Juan Guaidó come presidente del Venezuela, in attesa di elezioni democratiche e trasparenti.

Italia e Spagna, che hanno in Venezuela una grossa comunità di emigranti evitano di esporsi ed attendono una presa di posizione chiara. Però, Pedro Sànchez, presidente del governo spagnolo, ha già conversato telefonicamente con Guaidò. Non ha espresso esplicitamente solidarietà al presidente ad interim, ma ha coinciso con questi sulla necessità di elezioni trasparenti. Giuseppe Conte, presidente del Consiglio italiano, invece, ha preferito, fino ad ora, evitare ogni iniziativa.

La prima reazione del presidente Maduro è stata quella di denunciare l’esistenza di un “colpo di Stato”. Ha responsabilizzato gli Stati Uniti e annunciato la rottura delle relazioni diplomatiche col colosso del nord. Ha quindi ordinato ai diplomatici statunitensi di abbandonare il paese entro le prossime 72 ore. La missione diplomatica nordamericana ha già annunciato che non lascerà il Venezuela poiché non riconosce l’autorità del presidente Maduro ma solo quella del presidente ad interim Guaidó. Questi, attraverso un comunicato del Parlamento, ha invitato le missioni diplomatiche presenti a non abbandonare il Paese. E’ iniziato, così, un braccio di ferro tra il presidente Maduro e la Casa Bianca; un braccio di ferro dagli esiti imprevedibili. Ma non solo, si affaccia anche lo spettro di una nuova guerra fredda con epicentro il Venezuela. Infatti alle dichiarazioni del Presidente degli Stati Uniti hanno fatto seguito quelle del leader russo Vladimir Putin che, attraverso un comunicato del Ministero degli Esteri ha condannato quella che ha definito “un’ingerenza straniera che potrebbe condurre la società venezuelana verso una sanguinosa guerra civile”.

D’altronde oggi in Venezuela, Stati Uniti, Russia e Cina giocano una importante partita diplomatica. Il Venezuela ha una posizione geopolitica privilegiata, a nord dell’America Meridionale. Da qui l’interesse russo, che è in conversazione con il governo Maduro per la costruzione di una importante base militare, indispensabile per i suoi progetti d’espansione. Per la Cina, che gioca la sua guerra nell’ambito economico, il Venezuela rappresenta una fonte potenziale di risorse in materie prime. Stati Uniti, invece, non vuole assolutamente perdere la sua tradizionale area d’influenza, che rappresenta anche un importante mercato in crescita.

L’ago della bilancia, come accade in queste occasioni, sono le Forze Armate, nell’ambito nazionale, e le pressioni diplomatiche, in quello internazionale. Per il momento, l’alta gerarchia militare ha manifestato la propria lealtà al presidente Maduro. L’istituzione armata, considerata una casta, è chiusa, ermetica. Non si sa cosa stia accadendo nel suo interno e quali siano le forze in campo. Ovvero, quelle schierate accanto al presidente Maduro e quelle, invece, che sostengono il presidente Guaidó. E’ probabile che promuovano una soluzione negoziata che eviti un bagno di sangue.

L’Opposizione, fino a ieri divisa da gelosie e lotte per il potere, pare aver ritrovato l’unità attorno alla figura di Juan Guaidó, un presidente ad interim che per il momento non ha alcuna autorità concreta e contro il quale è stato spiccato un mandato di cattura. Le prossime ore saranno cruciali. Ma è probabile che questa situazione di incertezza possa prolungarsi anche per alcune settimane. Quel che non si sa è quanto ancora potrà attendere l’economia del Paese senza politiche orientate a frenare la crisi; quanto ancora potranno sopportare gli strati più umili della popolazione ormai allo stremo, senza medicine e senza alimenti.

Mauro Bafile

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