Racket delle pompe funebri, trenta arresti a Bologna

Pompe funebri, fiori su una bara mezza aperta. Racket
Pompe funebri. (Archivio Ansa)

BOLOGNA. – Un sistema articolato per lucrare sui servizi funebri. Lo hanno scoperto a Bologna i Carabinieri che, coordinati dal procuratore Giuseppe Amato, hanno fatto emergere il ‘Mondo Sepolto’, ovvero il modus operandi di due ‘cartelli’ di agenzie, ai vertici dei quali vi erano gli imprenditori Giancarlo Armaroli, 67 anni, e Massimo Benetti, 63, destinatari di ordinanze di custodie cautelari in carcere, che si erano spartiti il business nei due ospedali cittadini, il Maggiore e il Policlinico Sant’Orsola-Malpighi.

A fare scattare le indagini, nel novembre 2017, sono stati gli esposti di due indagati che hanno fornito i primi elementi sul racket. Dopo mesi di accertamenti, sono risultati 67 indagati, tra persone fisiche e aziende. Il gip Alberto Ziroldi ha firmato, su richiesta del pm Augusto Borghini, 30 misure cautelari (9 in carcere, 18 arresti domiciliari e 3 divieti di esercizio di attività di impresa) per persone ritenute, a vario titolo, responsabili di associazione per delinquere finalizzata alla corruzione, corruzione di incaricato di pubblico servizio e riciclaggio.

Disposto il sequestro di beni mobili e immobili per 13 milioni di euro complessivi. Secondo quanto ricostruito dai Carabinieri, Armaroli, amministratore unico del Rip Service Srl, e Benetti, presidente del consiglio di amministrazione del Consorzio Imprese Funebri (Cif) e, tra gli altri incarichi, anche amministratore delegato della Bologna Servizi Cimiteriali Srl, società partecipata del Comune di Bologna – che si è dichiarata estranea ai fatti – coordinavano un sistema su più livelli: la ‘base’, dove agivano tecnici sanitari in servizio presso le camere mortuarie che agganciavano i parenti dei defunti (ogni ‘contatto’ fruttava tra i 200 e i 350 euro); la zona ‘intermedia’, dove i futuri clienti venivano informati dei servizi dai rappresentanti delle agenzie funebri che si trovavano negli spazi dove, per normativa regionale, non era autorizzata alcuna intermediazione.

I prezzi dei servizi, concordati in ufficio, venivano alterati per realizzare introiti in nero anche per alimentare il sistema. Le intercettazioni hanno dimostrato anche quanto i defunti venissero trattati con poco rispetto. “Qui in questo ambiente nessuno predica il pulito (…)”: parole usate dal gip Ziroldi per sintetizzare quanto succedeva intorno alle camere mortuarie. nel provvedimento che, come epigrafe, riporta una citazione da ‘Apologo dell’onestà nel paese dei corrotti’, testo di Italo Calvino.

Sempre dagli atti emerge il contesto degli affari: “Se dopo anni in camera mortuaria hai ancora dei mutui da pagare significa che non hai capito come funziona”, dice un indagato. “Non ha funzionato il sistema di prevenzione della corruzione – ha commentato il procuratore Amato – dove soprattutto gli apparati pubblici devono porre in essere verifiche in loco sull’organizzazione di un servizio per evitare che possa essere oggetto di attività corruttive”.

La Regione Emilia-Romagna, per voce dell’assessore alla Sanità Sergio Venturi, ha fatto sapere di avere fornito “alle aziende sanitarie indicazioni da seguire quando muore un paziente per prevenire episodi inadeguati o addirittura criminosi”. Le aziende sanitarie Policlinico Sant’Orsola-Malpighi e Usl di Bologna hanno assicurato che “sono state avviate le procedure per la sospensione degli operatori tecnici coinvolti” e che c’è l’impegno “a ripensare e rafforzare le misure di prevenzione”.

(di Sara Ferrari e Tommaso Romanin/ANSA)

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