Risale l’ansia Brexit per gli italiani in Gran Bretagna, e non ha età

Manifestazione a Londra a favore di un ritorno all'Ue. Brexit
Manifestazione a Londra a favore di un ritorno all'Ue. (ANSA)

LONDRA. – Non può che salire l’ansia per i circa 600.000 italiani di ogni estrazione residenti nel Regno Unito dopo la sonora bocciatura ai Comuni dell’accordo sulla Brexit di Theresa May. E i timori toccano tutte le generazioni d’immigrati dalla Penisola, anche i più anziani.

E’ il caso di un gruppo di donne giunte a Bradford, nel nord dell’Inghilterra, mezzo secolo fa, negli anni ’50, per essere impiegate nella locale industria tessile. Soprannominate ‘mill girls’, le ex operaie, in pensione da tempo, si sentono spaesate di fronte al nuovo regolamento dell’Home Office, introdotto in vista del divorzio dall’Ue, che le obbliga a registrarsi per ottenere lo status di residenti: come dovranno fare tutti gli altri cittadini europei che hanno scelto di trasferirsi in Gran Bretagna e non hanno richiesto nel frattempo la cittadinanza, per garantirsi la tutela di quei diritti che il governo May (la premier lo ha ribadito oggi) giura di voler lasciare intatti in qualunque caso, no deal compreso; esponendosi tuttavia alle spire della burocrazia, tanto più nel clima d’incertezza che continua a profilarsi, in barba a tutte le promesse di corsie preferenziali o facilitazioni varie.

Eppure le donne immigrate dall’Italia distrutta e impoverita del dopoguerra su invito delle fabbriche britanniche vivono nel West Yorkshire da decenni, hanno sposato mariti inglesi, imparato la lingua, si sono abituate a uno stile di vita diverso da quello lasciato alle spalle, hanno figli e nipoti britannici e percepiscono ormai lontano il legame con la madrepatria.

“Mi sento a tutti gli effetti inglese, questo è il mio problema”, spiega Maria Olyjnik, arrivata nel lontano 1959. “Siamo straniere in Italia e ora siamo diventate straniere anche qui”, protesta la signora parlando alla Bbc che si è interessata alla vicenda delle ‘mill girls’ italiane sullo sfondo del cammino sempre più caotico del Regno verso la Brexit.

Come le sue ex colleghe, Maria non ha mai richiesto la cittadinanza britannica ma è andata avanti utilizzando permessi di lavoro fino a quando le autorità dell’isola, dagli anni ’60, non hanno più richiesto nemmeno quelli. A quei tempi il Paese era in cerca di manodopera da impiegare nella sua industria e l’immigrazione veniva vista come una risorsa per l’economia nazionale.

La realtà – o almeno la narrativa dominante – è piuttosto cambiata con la Brexit e anche le ‘mill girls’ rischiano ora di pagarne le conseguenze. Alcune di loro, aiutate da familiari più giovani, hanno già avviato la procedura per ottenere un permesso di residenza indefinito ma sono solo una minoranza. Come ha fatto la 91enne Margherita Althajm, sofferente di una grave forma di Alzheimer, che ha potuto sfruttare un piano dell’Home Office destinato ai migranti storici caraibici della cosiddetta Windrush Generation, dopo lo scandalo recente sui diritti loro negati.

“Alla sua età e coi suoi problemi di salute – ha denunciato la figlia della donna, Maria Philburn – mia madre ha dovuto dare le impronte digitali e sottoporsi al riconoscimento facciale per avere una carta d’identità biometrica grazie alla quale può rimanere nel Paese”.

Ma altre nella comunità di Bradford ignorano queste procedure e ritengono di non dover far nulla. “Se non presentano la domanda – è l’avvertimento di Vie Clerc Lusandu, dell’ong ‘the3million’, che difende i più vulnerabili fra i 3 milioni di cittadini europei residenti nel Regno – saranno invece considerate illegali. Sebbene vivano in questo Paese da decenni”.

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