Banca Centrale russa scarica cento miliardi di dollari dalle riserve

Facciata delle sede della Banca Centrale russa.
Facciata delle sede della Banca Centrale russa.

MOSCA. – Finalmente arrivano i numeri – quelli ufficiali – e i numeri sono impietosi. Mosca, dopo la batosta della primavera scorsa causata dall’ultimo giro di sanzioni Usa (crack in borsa, rublo a picco), ha accelerato nel suo programma di ‘dedollarizzazione’ dell’economia, così da ridurre al minimo ulteriori contraccolpi a causa del braccio di ferro con Washington.

E dunque: la Banca Centrale ha tagliato dai suoi depositi ben 101 miliardi di dollari, spostando 44 miliardi ciascuno verso l’euro e lo yuan. I dati relativi al secondo trimestre – ripresi dai media russi – sono stati pubblicati solo oggi con i tradizionali sei mesi di ‘gap’. Quel che emerge, oltre al dasvidanja al biglietto verde, è l’abbraccio sempre più stretto con la Cina. La valuta cinese ora rappresenta infatti ben il 15% delle riserve totali russe, dieci volte la media delle banche centrali globali.

Mosca diventa poi il detentore di un quarto delle riserve mondiali in yuan – stando ai dati del Fondo monetario internazionale pubblicati dalla Bloomberg. Tutto questo proprio nel giorno in cui Pechino certifica il vero e proprio ‘boom’ dell’interscambio russo-cinese, che a metà dicembre 2018 ha infranto il muro dei 100 miliardi di dollari (era poco sotto i 70 miliardi solo nel 2016).

Ulteriori 21 miliardi di dollari di riserve russe sono infine stati investiti in yen giapponesi. Sempre a Oriente, quindi. L’altro corno della strategia è la dismissione dei titoli di Stato americani. La quota di investimenti russi nei bond Usa, che nel 2010 ammontava a quasi 176 miliardi di dollari, è scesa infatti lo scorso agosto a 14 miliardi, il minimo fisiologico.

E le scorte d’oro – salite a oltre 2mila tonnellate, superano così il record stabilito nel 1941 in piena epoca staliniana – rappresentano ora il 17% delle riserve in valuta estera della Banca Centrale russa, che con un valore complessivo di 458 miliardi (calcolato in valuta Usa per convenzione) sono nella top ten mondiale.

Se si tiene conto poi che la quota delle riserve russe detenute in dollari negli Usa è scesa al 10% dal 29% registrate ancora nel marzo scorso, si ha l’idea del cambiamento sismico della strategia di Mosca. Che da un un punto di vista meramente finanziario compie un azzardo. Ma una volta aggiunta la componente geopolitica, il rischio acquista un senso.

(di Mattia Bernardo Bagnoli/ANSA)

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