Occhi mercati puntati sulla Fed. Tonfo petrolio a -7,3%

Operaio camminando sopra dei barili di petrolio accatastati
Tonfo petrolio a -7,3%

NEW YORK. – Borse con il fiato sospeso in attesa della Fed, mentre crolla il petrolio: le quotazioni del greggio a New York chiudono in calo del 7,3% sotto i 47 dollari al barile. La banca centrale americana comunica domani le proprie decisioni di politica monetaria: un rialzo dei tassi di un quarto di punto è dato per scontato, nonostante il crescente coro di voci che invita Jerome Powell alla cautela e quindi a prendersi una pausa nella tabella di marcia degli aumenti.

Un coro dal quale spicca Donald Trump: il presidente mette in guardia la Fed dal non commettere un altro errore alzando il costo del denaro e la invita a ”sentire i mercati e non gli insignificanti numeri”. Proprio i mercati attendono chiarimenti da Powell, soprattutto sulle mosse del 2019: se si mostrerà colomba, Wall Street è pronta a lanciarsi nello sperato rally di Natale, finora un miraggio. In caso contrario il tonfo degli indici rischia di essere pesante.

Le piazze finanziarie del Vecchio Continente aspettano la Fed in rosso: chiudono tutte in calo sulla scia dell’Asia e delle incertezze sulla Brexit. Milano perde lo 0,26% al termine di una giornata incerta. Wall Street, dopo il crollo di lunedì, sale ma i progressi sono contenuti: in un contesto di alta volatilità, il Dow Jones cresce dello 0,35%, il Nasdaq dello 0,45% e lo S&P 500 dello 0,01% restando in rosso per il 2018 e il mese di dicembre.

I listini avevano iniziato la seduta in modalità rally ma con il passare delle ore hanno frenato, appesantiti anche dal petrolio in calo sulla scia dei timori sulla crescita mondiale e su quelli di un’eccessiva quantità di greggio sul mercato. Gli occhi degli investitori sono tutti su Powell: al presidente della Fed spetta l’arduo compito, anche in termini di comunicazione, di illustrare le decisioni della Fed e le sue stime, dalla crescita all’inflazione.

A Powell spetta anche smarcarsi ancora una volta dal presidente che lo ha nominato: se la Fed dovesse a sorpresa lasciare i tassi invariati alla luce delle incertezze che si stanno materializzando, Powell dovrà chiarire senza se e senza ma che la decisione non è stata dettata dalla politica, e quindi da Trump.

Il presidente americano non è l’unico a chiedere alla Fed di ripensarci e non toccare i tassi. Molti economisti sono d’accordo con il tycoon, così come lo è il Wall Street Journal e il premio Nobel all’economia e critico della Casa Bianca Paul Krugman. A motivare l’invito a non agire è una crescita americana che rallenta, mercati sotto pressione, molte e soprattutto troppe incertezze all’orizzonte, quali la guerra commerciale fra Stati Uniti e Cina.

Guarda ai mercati l’ex presidente della Fed: senza sbilanciarsi sulla riunione in corso della banca centrale, Alan Greenspan osserva come per Wall Street la festa è finita: la correzione sui mercati finanziari potrebbe essere dolorosa. Da qui il chiaro messaggio agli investitori: ”correte al riparo” una volta che la volata delle borse sarà terminata. Difendendo l’indipendenza della Fed (”ascoltiamo” le critiche, qualche volta rispettosamente qualche volta no. Cambiamo la nostra politica? No”), Greenspan mette in guardia su una possibile stagflazione americana, il ”tossico mix” di alta inflazione e alta disoccupazione. A Powell spetta ora sciogliere il dilemma.