Papa: “Bimbo Gesù fu profugo, evoca chi fugge guerre e fame”

Il Presepe di sabbia in Piazza San Pietro. Papa
Il Presepe di sabbia in Piazza San Pietro. ANSA/ALESSANDRO DI MEO

CITTA’ DEL VATICANO. – Anche il piccolo Gesù, con la Santa Famiglia, “visse l’angoscia della persecuzione” e dovette rifugiarsi in Egitto: per questo il Natale deve far riflettere sui tanti migranti e profughi – uomini, donne e bambini – in fuga “dalle guerre, dalle miserie causate da ingiustizie sociali e dai cambiamenti climatici”. Su uno dei temi a lui più cari papa Francesco è tornato nell’udienza nella Sala Clementina agli organizzatori e gli artisti del Concerto di Natale in Vaticano, in programma domani nella Sala Nervi, iniziativa benefica a favore della Fondazione pontificia Scholas Occurrentes e della Fondazione salesiana Missioni Don Bosco e, tramite loro, dei piccoli profughi in Iraq e in Uganda.

Il Papa ha sottolineato che “il Natale è sempre nuovo, perché ci invita a rinascere nella fede, ad aprirci alla speranza, a riaccendere la carità”. Quest’anno, in particolare, “ci chiama a riflettere sulla situazione di tanti uomini, donne e bambini del nostro tempo – migranti, profughi e rifugiati – in marcia per fuggire dalle guerre, dalle miserie causate da ingiustizie sociali e dai cambiamenti climatici”.

“Per lasciare tutto – casa, parenti, patria – e affrontare l’ignoto, bisogna avere patito una situazione molto pesante!”, ha rimarcato Francesco. “Quando l’ira violenta di Erode si abbatté sul territorio di Betlemme – ha ricordato -, la Santa Famiglia di Nazareth visse l’angoscia della persecuzione e, guidata da Dio, si rifugiò in Egitto. Il piccolo Gesù ci ricorda così che la metà dei profughi di oggi, nel mondo, sono bambini, incolpevoli vittime delle ingiustizie umane”.

“A questi drammi la Chiesa risponde con tante iniziative di solidarietà e assistenza, di ospitalità e accoglienza”, ha poi aggiunto Francesco. E se “c’è sempre molto da fare, ci sono tante sofferenze da lenire e problemi da risolvere”, allora “c’è bisogno di un coordinamento maggiore, di azioni più organizzate, in grado di abbracciare ogni persona, gruppo e comunità, secondo il disegno di fraternità che accomuna tutti. Ecco perché è necessario fare rete”, ha affermato.

“Fare rete con l’educazione, prima di tutto”, ha spiegato il Papa, “per istruire i più piccoli fra i migranti, cioè coloro che invece di sedere fra i banchi di scuola, come tanti coetanei, passano le giornate facendo lunghe marce a piedi, o su mezzi di fortuna e pericolosi”. Anche loro, infatti, “hanno bisogno di una formazione per potere un domani lavorare e partecipare da cittadini consapevoli al bene comune”. E nello stesso tempo “si tratta di educarci tutti all’accoglienza e alla solidarietà, per evitare che i migranti e i profughi incontrino, sul loro cammino, indifferenza o, peggio, insofferenza”.

Fare rete con l’educazione “significa permettere alle persone di rialzarsi in piedi, di rimettersi in cammino con piena dignità, con la forza e il coraggio per affrontare la vita valorizzando i propri talenti e la propria operosità”. Ed è anche “una soluzione valida per spalancare i cancelli dei campi profughi, consentire ai giovani migranti di inserirsi nelle società nuove, incontrando solidarietà e generosità e promuovendole a loro volta”, ha aggiunto Francesco.

Il Papa ha concluso ringraziando il progetto di Missioni Don Bosco in Uganda e quello di Scholas Occurrentes in Iraq, “perché hanno raccolto questo appello a ‘fare rete con l’educazione’, cooperando alla trasmissione del messaggio di speranza del Natale”. Ha quindi ringraziato e incoraggiato gli artisti del Concerto (tra loro Anastacia, Edoardo Bennato, Alessandra Amoroso, Josè Feliciano, Dee Dee Bridgewater, Raphael Gualazzi, Ermal Meta, Alvaro Soler, l’arabo Hussain Al Jassmi) capaci di “accendere in ogni cuore il calore e la tenerezza del Natale”.

(di Fausto Gasparroni/ANSA)

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