L’ultima spinta del Colle: “Sollievo, infrazione è impensabile”

Il Palazzo del Quirinale. Mattarella
Il Palazzo del Quirinale. ANSA/RICCARDO ANTIMIANI

ROMA. – Ci sono voluti oltre due mesi di tenace lavoro sotto-traccia per riportare i numeri al posto giusto. Circa 75 giorni di moral suasion per far capire al governo giallo-verde che anche solo immaginare un’Italia sotto procedura d’infrazione era “impensabile”. Comprensibile che al Quirinale lo stato d’animo si muova dalla “soddisfazione al sollievo”. Tra questi due sentimenti Sergio Mattarella sta tirando le somme di settimane di lavoro incessante, perlopiù discreto, a volte esplicitato in durissimi richiami pubblici al rispetto degli impegni presi e alle regole di bilancio.

“Soddisfazione” perché questo 2,04 (che di fatto è un 2,0) per cento nel rapporto deficit-pil era già il punto di caduta elaborato dai tecnici del Quirinale quel 28 settembre scorso quando Salvini e Di Maio piegarono le resistenze del ministro dell’Economia Giovanni Tria e lanciarono la contundente cifra del 2,4. “Sollievo” perché la corsa verso il baratro dell’infrazione aveva preso i ritmi di un thriller: niente era infatti scontato fino a ieri quando voci autorevoli facevano sapere al Colle che sia Salvini che Di Maio brandivano ancora la carta della sfida giocando sulla debolezza dell’Unione.

Per questo adesso il presidente della Repubblica ha dato l’ultima spallata a quanti tentennavano: si trovi un accordo, “perché la procedura d’infrazione rischia di creare problemi pesanti all’economia del Paese”, ha ripetuto ancora una volta al premier Giuseppe Conte e ai ministri competenti riuniti al Quirinale per una colazione di lavoro dominata proprio dal contenzioso con la Commissione.

Unico assente di peso Matteo Salvini impegnato in una visita in Israele, ma rappresentato dal sottosegretario Giancarlo Giorgetti, da tempo operoso rappresentante della cautela all’interno dell’esecutivo. Tanto che poco dopo aver lasciato i saloni del Quirinale si univa così alle preoccupazioni di Mattarella: “Io tifo per Conte e spero che tutto si chiuda senza la procedura di infrazione”.

Già perché il premier è stato il vero tramite tra le preoccupazioni del Quirinale e quelle contrarie del duo Salvini-Di Maio. Il Colle è stato in questi 75 giorni canalizzatore attivo di tutte le analisi internazionali e super partes sia del saldo che della qualità della manovra. Dalla Bce all’Ocse, dalle agenzie di rating al Fondo monetario internazionale, tutti indicavano che quella cifra non sarebbe mai stata accettata né dai mercati né dalla Commissione.

La svolta nell’incessante opera di persuasione di Mattarella è avvenuta a fine novembre quando il presidente ha convocato nel suo studio – nel massimo riserbo – uno a uno tutti gli attori della partita, da Salvini a Di Maio senza dimenticare il premier Conte e il preoccupatissimo Tria. Da quegli incontri i toni antieuropei sono spariti e il dogma dell’intoccabilità dei decimali si è fiaccato in una progressione che ha portato indietro di 75 giorni le lancette del tempo. E sono bastati i toni dialoganti e le progressive aperture numeriche per riportare lo spread sotto l’era Monti e a ridare fiato alla borsa. Ora resta l’ultimo miglio da percorrere. Ma sembra in discesa.

(di Fabrizio Finzi/ANSA)

Lascia un commento