L’Opec taglia la produzione, fiammata del petrolio

Khaled al-Otaiby, un ufficiale della Aramco, guarda l'estrazione di petrolio. Opec
Khaled al-Otaiby, un ufficiale della Aramco, guarda l'estrazione di petrolio. (ANSA/AP Photo/John Moore)

ROMA. – L’Opec rompe l’impasse sui tagli alla produzione del petrolio, provocando una fiammata di oltre il 5% sui mercati: c’è l’intesa fra la Russia e l’Arabia Saudita, al costo, per quest’ultima, di scontentare Donald Trump. Con una decisione arrivata a sorpresa, dopo che ieri la debolezza del cartello petrolifero era stata messa a nudo dal nulla di fatto di due giorni di difficili negoziati e dalla decisione di aspettare l’Opec Plus coinvolgendo quindi anche Mosca, i delegati a Vienna hanno annunciato un taglio da 1,2 milioni di barili al giorno.

Un ammontare superiore a quanto previsto dagli analisti, molti dei quali erano scettici sull’accordo date le pressioni dell’amministrazione americana: solo de giorni fa Trump aveva twittato che “il mondo non vuole vedere, e non ha bisogno, di prezzi petroliferi più alti”.

C’è chi, visti i numeri, prevede che il Brent possa presto superaree i 70 dollari al barile. Ma gli investitori si sono concentrati sull’oggi, con una volata del barile di oltre il 5% per il greggio scambiato a Londra (+5,03% a 63, 08 dollari) e del 4,5% per il Wti a New York, che ha superato i 54 dollari. Terminano così tre giorni di negoziati intensi.

Prima la riunione Opec fra mercoledì e giovedì, con una fumata nera ieri in casa di un’istituzione multilaterale sempre più debole dopo l’addio del Qatar, e con il delegato russo Alexander Novak volato dal suo presidente Vladimir Putin per decidere la posizione della Russia, oggi al tavolo nel formato Opec Plus. Fra i sauditi e Mosca, di fronte a quotazioni dei greggio in fortissimo calo, ha prevalso la volontà comune di difendere lo schema in atto dal 2016.

L’Opec si sobbarcherà un taglio da 800.000 barili al giorno, a partire dai 400.000 del suo principale attore, i sauditi. La Russia farà la sua parte con 228.000 barili al giorno. Ad aprile i delegati faranno il punto, ma è già chiaro che vi sono parecchie scappatoie: Mosca ha chiarito che ha bisogno di tempo per raggiungere l’obiettivo, e se ad aprile la situazione fosse cambiata non avrà neanche bisogno di stringere i rubinetti. Iran, Venezuela e Libia strappano un’esenzione dai tagli, dopo che la riottosità del primo a partecipare era stata uno dei nodi irrisolti.

Per la Russia si chiude una fase negoziale in cui Mosca ha messo in chiaro una posizione sempre più centrale come player del petrolio: è enorme il significato simbolico di un Opec che aspetta che torni il delegato di Putin prima di poter decidere. E’ con soddisfazione che Novak può dire che la collaborazione nell’Opec Plus “è forte come sempre”.

Per i sauditi, si chiude un negoziato sul filo, stretti fra la necessità di difendere i prezzi (e un bilancio pubblico interno stressato da anni di prezzi petroliferi bassi) e l’utilità stessa dell’organizzazione che di fatto guidano, e quella di non irritare l’alleato americano, tanto più ora che l’assassinio del giornalista saudita Jamal Khasshoggi ha esposto il principe ereditario Mohamed Bin Salman ad attacchi senza precedenti contro la casa reale.

Al-Fatih ha dichiarato che in aprile è possibile un nuovo aggiustamento, e si è affrettato a dichiarare che ora che gli Usa hanno appena annunciato di essere divenuti i primi produttori di greggio al mondo grazie ai loro giacimenti shale, hanno molto “in gioco” e dunque beneficiano degli sforzi per non far crollare i prezzi. Trump, che guarda alla crescita e alle elezioni, per il momento non ha twittato nulla in merito.

(di Domenico Conti/ANSA)

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