Italiani delusi e incattiviti. E’ “sovranismo psichico”

Una moltitudine di persone camminando per strada affollata. Italiani
Rapporto Censis: Italiani delusi e incattiviti.

ROMA. – Italiani arrabbiati, incattiviti, impauriti ed impoveriti. E’ impietoso il quadro che dipinge il Censis nel suo 52esimo rapporto sulla situazione sociale italiana ed in cui parla di un “sovranismo psichico”, prima di quello politico, come risultato della cattiveria che gli italiani provano, per riscattarsi dalla delusione per la mancata ripresa economica e che spesso rivolgono contro gli stranieri.

Il rapporto affronta molti temi, tra cui anche la crescita del salario medio annuo, cresciuto meno degli altri Paesi: un dato per tutti, se nel 2000 il salario medio italiano rappresentava l’83% di quello tedesco, nel 2017 è sceso al 74%. Ma è il ‘sovranismo psichico’ il nodo centrale del rapporto. Il 69,7% degli italiani non vorrebbe i rom come vicini di casa e il 52% è convinto che si fa di più per gli immigrati che per gli italiani. La quota raggiunge il 57% tra le persone più povere.

I più bersagliati risultano gli extracomunitari: il 63% degli italiani vede in modo negativo l’immigrazione dei Paesi non comunitari contro una media Ue al 52% e il 45% non tollera anche quelli comunitari (in Europa la media è al 29%). Il motivo principale per tanta ostilità è che gli stranieri, per il 58%, tolgono il lavoro agli italiani, per il 63% sono un peso per il welfare mentre solo per il 37% il loro impatto sull’economia è favorevole.

“Sono i dati di un cattivismo diffuso che erige muri invisibili ma spessi”, sentenzia il Censis. All’origine del sentimento c’è il cosiddetto ascensore sociale. L’Italia è, infatti, il Paese dell’Unione europea con la più bassa quota di cittadini che dicono di avere un reddito e una capacità di spesa migliori di quelle dei propri genitori: sono il 23% contro una media europea del 30%. A pensarlo sono soprattutto le persone con un reddito basso, convinte che nulla cambierà nel loro portafogli. Inoltre il 63,6% è convinto di essere solo, senza nessuno che ne difenda gli interessi.

“La delusione per lo sfiorire della ripresa e per l’atteso cambiamento miracoloso ha incattivito gli italiani, la palingenesi non c’è stata”, spiega il direttore generale del Censis, Massimiliano Valeri, presentando i dati del rapporto e sottolineando che “è il rovescio del miracolo italiano, il sogno si è trasformato in incubo, è una cosa che scava nella storia”.

Dal rapporto del Censis emerge che tra il 2000 e il 2017 il salario medio annuo degli italiani è aumentato solo dell’1,4% in termini reali, vale a dire poco più di 400 euro annui, 32 in più al mese se considerati su 13 mensilità. E così in 17 anni gli italiani si sono ‘arricchiti’ molto meno degli altri popoli europei. Basti pensare che in Germania l’incremento è stato del 13,6% (quasi 5mila euro) e in Francia del 20,4% (oltre 6mila euro). Quindi, se nel 2000 il salario medio italiano rappresentava l’83% di quello tedesco, nel 2017 è sceso al 74%. E’ un tema molto caro ai sindacati tanto che intervengono i segretario di Uil, Carmelo Barbagallo, e Cisl, Annamaria Furlan per esprimere preoccupazione e chiedere un cambio di passo.

Altra nota dolente che sottolinea il Censis è il rapporto che gli italiani hanno con la giustizia: per 7 su 10 non tutela i diritti ed è anche considerata costosa e lenta. Un terzo della popolazione adulta (il 30,7%), ossia 15,6 milioni di persone, negli ultimi due anni ha rinunciato ad intraprendere un’azione giudiziaria volta a far valere un proprio diritto. I perché sono diversi: per il 29,4% il problema sono i costi eccessivi, il 26,5% lamenta invece la lunghezza dei tempi necessari per arrivare a un giudizio definitivo e il 16,2% si dice sfiduciato della magistratura e del funzionamento della giustizia.

“Ho letto il rapporto del Censis e parla di italiani sempre più arrabbiati: hanno ragione – ha commentato il vice premier Luigi Di Maio – noi siamo i primi arrabbiati per quello che non si è fatto in questi anni e – se riusciamo a portare a casa entro dicembre la legge di bilancio, la legge anticorruzione e il decreto dignità, che è già stato realizzato e sta già stabilizzando in contratti dei precari – secondo me nel 2019 avremo meno ragioni per essere arrabbiati, ma c’é tanto da fare”.

(di Alfonso Abagnale/ANSA)

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