Nuova “fumata nera” sulla manovra, trattativa con l’Europa in salita

Pierre Moscovici e Giovanni Tria durante la riunione dell'Eurogruppo a Bruxelles. Manovra
Pierre Moscovici e Giovanni Tria durante la riunione dell'Eurogruppo a Bruxelles. EPA/OLIVIER HOSLET

ROMA. – I conti ancora non tornano. Non solo perché Luigi Di Maio e Matteo Salvini hanno detto “no” a far slittare a giugno le misure più costose, reddito di cittadinanza e “quota 100”. Ma anche perché vogliono ‘investire’ su nuove, costose, misure, come il saldo e stralcio delle cartelle di Equitalia. Non emerge ancora, nella riscrittura della manovra, la correzione attesa dall’Europa per evitare all’Italia una dolorosa procedura d’infrazione.

Il deficit calerà. Di quanto e come, non è dato sapere, neanche al termine dell’ennesimo vertice di governo sulla legge di bilancio. Giuseppe Conte punta a convincere Bruxelles con poco più di 7 miliardi di tagli per portare il deficit dal 2,4% al 2%. Ma l’Ue in partenza chiede uno sforzo da 16 miliardi per far calare il deficit strutturale: per un’intesa, secondo alcune fonti, serve di più.

E’ “complicato” il negoziato, ammette il presidente del Consiglio. Ma, aggiunge, “non impossibile”. Conte vedrà il presidente della Commissione europea Jean Claude Juncker martedì sera o mercoledì a Strasburgo. Ma l’incontro sarà probabilmente interlocutorio perché, spiegano fonti italiane, la Commissione chiede al governo italiano cifre precise, messe nero su bianco e votate dal Parlamento.

Due gli step con cui, entro il 19 dicembre, i gialloverdi possono provare a evitare la bocciatura: un nuovo Documento programmatico di bilancio (da votare entro il 13 in Cdm e portare alle Camere), che riveda i saldi della manovra abbassando deficit e debito nel prossimo triennio; un voto del Senato su un “superemendamento” che cambi i connotati della manovra, siglando l’impegno della maggioranza in Parlamento a rientrare nei binari delle regole europee.

Ed è dal “superemendamento” che parte il lavoro di Conte. L’inquilino di Palazzo Chigi vede a pranzo Giovanni Tria. Poi, intorno alle 16, riceve Luigi Di Maio e Matteo Salvini, con Riccardo Fraccaro, Laura Castelli e Stefano Buffagni per il M5s, Giancarlo Giorgetti e Massimo Garavaglia per la Lega. Sul tavolo premier e ministro però non portano ancora la proposta finale. Perché l’avallo politico che avrebbe reso subito praticabile l’aggiustamento tecnico, non c’è: alla richiesta di far partire a giugno “quota 100” e reddito di cittadinanza, i leader di M5s e Lega hanno risposto “no”.

Di Maio assicura che si riuscirà a tagliare il deficit senza cambiare le due misure, perché i costi di entrambi sarebbero stati sovrastimati. Salvini, di pochissimo più morbido, spiega che a inizio anno “quota 100” partirà: se poi – ad esempio per gli statali – serviranno aggiustamenti per “evitare di lasciare vuoti gli uffici”, ci saranno finestre più lunghe per l’andata in pensione. Ma, aggiunge il leader della Lega, “entro il 2019” tutti i 600mila interessati da “quota 100” saranno messi in condizione, se vorranno, di lasciare il lavoro.

Basta? No, spiegano le fonti di governo che seguono la trattativa con Bruxelles. Perciò Tria – che in questa fase ricopre un ruolo più ‘tecnico’ – nel pomeriggio non prende parte all’incontro con i vicepremier, che serve a fare un lavoro di “scrematura” preliminare. Per arrivare all’intesa serve infatti avvicinare le posizioni degli alleati di governo sui tanti nodi ancora irrisolti.

E così, la Lega dà il via libera al taglio delle pensioni volute da Di Maio, a patto di introdurre il “saldo e stralcio” sulle cartelle di Equitalia sponsorizzato da Salvini. Si aggiungono nuove misure, si correggono temi divisivi come l’ecotassa sulle auto. E si cercano anche soluzioni per spingere gli investimenti, come la norma “speciale” annunciata dal leader M5s per accelerare il potere di spesa dei sindaci.

“Non spendiamo soldi a vanvera ma con questa manovra diamo un segno di speranza”, assicura Salvini. Ma alla pressione dei ceti produttivi, che sfogano il malcontento soprattutto coi leghisti, si somma lo spettro di una recessione a livello mondiale. E’ il fattore che preoccupa anche il ministro dell’Interno, che vede lo spread risalire sopra i 300 punti. E’ il fattore su cui Conte e Tria puntano per convincere in extremis i due vicepremier.

(di Serenella Mattera/ANSA)

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