Di Maio scioglie l’azienda di famiglia, ma il Pd lo attacca

Il vicempremier e ministro del Lavoro, Luigi Di Maio, durante la visita al salone della formazione e della scuola 'Job & Orienta' a Verona.
Il vicempremier e ministro del Lavoro, Luigi Di Maio, durante la visita al salone della formazione e della scuola 'Job & Orienta' a Verona, 30 novembre 2018. ANSA/FILIPPO VENEZIA

ROMA. – L’Ardima srl, l’azienda della famiglia Di Maio, viene sciolta. Sull’onda di polemiche che non sembrano arrestarsi il vicepremier cerca di prendere di petto la situazione e, come promesso, agisce nominando “liquidatore” il fratello Giuseppe. Ma all’opposizione non basta e dal Pd: venga in aula a riferire”, chiedono in coro.

Sul terreno la situazione è in movimento: saranno infatti notificati nelle prossime ore al padre del vicepremier, Antonio Di Maio, e a sua sorella gli atti dell’avvio del procedimento per l’abbattimento dei manufatti abusivi e per la rimozione dei rifiuti presenti sul terreno a Mariglianella di comproprietà del papà e della zia del vicepremier Luigi.

A Napoli intanto il Pd insiste sulla via giudiziaria: sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte, falso in bilancio, intestazione fittizia di beni, fino alla ricettazione e al riciclaggio: sono alcune delle ipotesi di reato a carico di Luigi Di Maio contenute in un esposto sull’azienda di famiglia che il deputato Pd Carmelo Miceli ha anticipato che presenterà alla procura di Napoli perché le valuti.

Ancora una volta è il suo alleato Matteo Salvini a tendere la mano: “sostegno a Luigi Di Maio vittima di attacchi di ogni tipo: il padre, la madre, basta. Chiedo agli italiani: ‘giudicateci dai fatti, dai risultati, dagli obiettivi raggiunti, senza sbirciare dal buco della serratura”, scrive sempre su facebook il leader della Lega.

Luigi Di Maio conferma ancora una volta di ritenersi del tutto estraneo ai fatti: ribadisco che non mi sono “mai occupato di fatti di gestione, di essere stato operaio della ditta di mia madre per soli 4 mesi, e di aver aperto il cancello del deposito di mio padre qualche volta e niente più. Non potendomi ora occupare del controllo di legalità e della revisione contabile postumi delle aziende di famiglia, io direi – aggiunge chiedendo di chiudere la vicenda – di finirla qui perché devo occuparmi dei problemi del Paese”.

Ma resta in piedi anche il problema familiare delle cartelle Equitalia. “Mio padre non aderirà alla rottamazione ter”, ha garantito il vicepremier. Ma si tratta di una cifra elevata: circa 180 mila euro.

(Di Fabrizio Finzi/ANSA)

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