Fondi Lega: confermata la confisca di 49 milioni in appello

Lega: Francesco Belsito e Umberto Bossi con la mano sul cuore cantando l'inno della Lega
Francesco Belsito e Umberto Bossi

GENOVA. – La maxi truffa sui rimborsi elettorali fu orchestrata da Francesco Belsito e Umberto Bossi e i 49 milioni di euro di rimborsi elettorali devono essere restituiti dalla Lega al Parlamento. E’ una conferma quella dei giudici di appello di Genova che oggi hanno condannato il Senatur e l’ex tesoriere rispettivamente a un anno e 10 mesi e a tre anni e nove mesi.

Pene leggermente inferiori rispetto al primo grado (2 anni e sei mesi e 4 anni e 10 mesi) per l’intervenuta prescrizione di parte dei reati. Pene ridotte anche per gli ex revisori contabili: otto mesi per Diego Sanavio e Antonio Turci (in primo grado 2 anni e 8 mesi), quattro mesi per Stefano Aldovisi a 4 mesi (1 anno e 9 mesi), riformulando per loro l’accusa da truffa a indebita percezione di erogazioni a danno dello Stato.

Ma soprattutto, i giudici hanno confermato la confisca dei 49 milioni di euro per cui a settembre la procura aveva accolto l’istanza dei legali del partito di una rateizzazione da 600 mila euro all’anno, che porterebbe a estinguere il debito in 76 anni. A quei fondi ha fatto riferimento in serata l’ex premier Matteo Renzi: “io non mi stupirei – ha detto – se scoprissimo che parte di quei 49 milioni fossero andati a creare la straordinaria macchina di fango e consenso che Salvini ha creato su Facebook”.

Secondo Matteo Salvini, che ha detto di non occuparsi “di processi e di soldi”, “dopo la sentenza non cambia nulla: i soldi continuano a non esserci”.

La vicenda giudiziaria, deflagrata nel 2012, aveva azzerato i vertici del Carroccio portando alle dimissioni l’allora leader Umberto Bossi e il suo ‘cerchio magico’. Secondo l’accusa, sostenuta dal pm Paola Calleri, i vertici della Lega misero in atto una vera e propria truffa attraverso una serie di artifici e raggiri.

“Gli artifici e i raggiri – per il pm – sono consistiti nel riportare nel rendiconto false informazioni circa la descrizione delle spese sostenute, in assenza di documenti giustificativi di spesa e in presenza di spese effettuate per finalità estranee agli interessi del partito in modo tale da non consentire né ai soggetti ingannati né a qualsiasi altro lettore del documento contabile di valutare l’effettiva destinazione delle risorse finanziarie assegnate al partito dallo Stato”.

Quei soldi vennero usati, secondo l’accusa, dalla famiglia di Bossi e dai suoi fedelissimi per spese personali. Per quella tranche di inchiesta, rimasta a Milano e derivata dalla cartella intestata “Family” (sequestrata dal pm Woodcock e poi inviata nel capoluogo lombardo per competenza territoriale), i giudici lombardi hanno condannato l’ex tesoriere a due anni e sei mesi, il senatur a due anni e tre mesi e il figlio Renzo Bossi a un anno e sei mesi.

In secondo grado però quel processo rischia di saltare perché il partito non ha ancora presentato la querela. Belsito, presente in aula, ha ribadito la sua innocenza. “Ho la coscienza a posto – ha detto dopo la lettura del dispositivo – altri no”. Dopo la sentenza di primo grado l’ex revisore Aldovisi aveva presentato un esposto da cui è partita l’inchiesta per riciclaggio.

Secondo l’ipotesi della procura, una parte dei 49 milioni (circa 10) è stata trasferita in Lussemburgo tramite la banca Sparkasse di Bolzano. Tre milioni, la stessa cifra sequestrata dagli investigatori dopo la decisione del tribunale di primo grado, erano rientrati a inizio anno.

(di Laura Nicastro/ANSA)