Novanta giorni dal crollo del ponte, fiori in attesa della legge su Genova

Un momento della cerimonia di commemorazione delle 43 vittime del crollo del ponte Morandi, con 43 rintocchi di campana tibetana e 43 rose bianche lasciate sotto il ponte, Genova.
Un momento della cerimonia di commemorazione delle 43 vittime del crollo del ponte Morandi, con 43 rintocchi di campana tibetana e 43 rose bianche lasciate sotto il ponte, Genova, 14 novembre 2018. ANSA/GIULIA MIETTA

GENOVA. – “Sono passati tre mesi ma chissà quando lo tireranno giù, tra allarmi dei sensori e discussioni romane”. Ennio Guerci, uno dei portavoce del comitato degli sfollati di ponte Morandi, guarda ciò che resta del viadotto e dubita che davvero Genova potrà avere un nuovo ponte nel 2020. Ha appena partecipato, insieme a un centinaio tra sfollati, volontari e cittadini, alla commemorazione delle 43 vittime del crollo di ponte Morandi, una manifestazione spontanea, in assenza di eventi istituzionali.

“Il 14 di ogni mese alle 11,36 torneremo qui perché la morte di quelle persone è il prezzo più alto che è stato pagato e non dobbiamo dimenticarle”. I partecipanti hanno onorato la memoria delle vittime lanciando nel torrente Polcevera, che lambisce le macerie del pilone 9 del Morandi, alcune rose chiare: 43 come il numero delle vite spezzate e 43 sono stati i rintocchi della campana tibetana. Poi le preghiere e il limite della zona rossa ‘violato’ per mettere altre 43 rose sulle macerie del ponte.

“Quei nomi, li ho tatuati dentro al mio cuore” dice Giusy Moretti, nata e cresciuta in un appartamento all’ombra del ponte che ha deposto i fiori. “Siamo qui per non far dimenticare questa tragedia e perché non avvenga più”. Ma per gli sfollati, e per tutta la città, è necessario guardare avanti. “Non possiamo più aspettare per il decreto Genova – ribadisce il presidente del comitato Franco Ravera – un decreto che ci lascia ancora perplessi”.

Martedì prossimo, annuncia Ravera, il comitato farà il punto insieme al sindaco su alcuni aspetti specifici. “A partire dal fatto che oggi non esiste un riferimento tecnico ai rimborsi per gli inquilini non proprietari, come invece specificato dalla legge regionale per gli indennizzi degli interferiti dalle grandi opere”. E questo è solo uno degli aspetti critici, a 90 giorni dal disastro. Genova, nonostante la creazione di una viabilità alternativa, che ha previsto anche l’apertura di una nuova strada in area portuale, soffre di gravi disagi logistici.

Disagi che si traducono, ogni giorno, in code chilometriche per i residenti della Valpolcevera e del ponente: ogni imprevisto, da un banale tamponamento a un allarme lanciato dai sensori montati sui monconi del ponte, può mandare il traffico in tilt. Per non parlare delle difficoltà dei traffici del porto. L’associazione degli Spedizionieri genovesi, che riunisce 300 aziende, ha annunciato l’avvio di una class action – la prima finora – contro Aspi e il Mit a causa del calo di affari.

A proposito di crisi, sono circa 7.000, secondo la Camera di Commercio, le imprese genovesi che hanno subito danni diretti e indiretti per il crollo del Morandi, stimati in 422 milioni. I lavoratori a rischio licenziamento o delocalizzazione chiedono risposte. Lo fa anche la Cisl. “Quando sarà approvato il decreto per consentire al commissario di avviare i lavori? Basta con questi ritardi”, scrive su Twitter la segretaria generale Annamaria Furlan.

La velocità di azione è fondamentale anche per il presidente di Confindustria Vincenzo Boccia. “Genova è lo specchio del Paese, pone una questione temporale: in quanto tempo facciamo le cose che diciamo. Ponte Morandi è il simbolo di un’Italia che deve reagire quanto prima”. Il sindaco-commissario, Marco Bucci da giorni dice: “Sono pronto”. Vuol cominciare la demolizione a metà dicembre e riavere il viadotto a metà del 2020. Manca però la trasformazione del decreto in legge.

(di Giulia Mietta/ANSA)

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