Morbillo, cento casi tra medici e infermieri nel 2018

Primo ppiano di infermiera e dottore in ospedale. No-Vax
Primo ppiano di infermiera e dottore in ospedale.

ROMA. – Un’emergenza che non coinvolge solo i bambini ma interessa sempre di più anche gli adulti e gli operatori sanitari. Il morbillo continua ad essere una minaccia nel nostro Paese, con ben 2.295 casi solo nel 2018: di questi, 100 si sono registrati tra medici ed infermieri. Una situazione allarmante che il presidente della Società Italiana Malattie Infettive e Tropicali (Simit), Massimo Galli, definisce “una vergogna che ci pone nella posizione di fanalino di coda in Europa nella lotta contro una malattia eliminabile”.

I numeri non lasciano dubbi sulla gravità della situazione: dall’inizio del 2013 i casi segnalati in Italia sono stati 12.787, e solo dal gennaio 2017 ad oggi i casi di morte per morbillo nel nostro Paese sono stati 17, soprattutto in bambini e adulti immunodepressi. Tra i 100 operatori sanitari ammalatisi, precisa la Simit, 83 non erano mai stati vaccinati, mentre 8 lo erano in maniera incompleta.

Ed è di pochi giorni fa un nuovo focolaio della malattia in Puglia, con 8 nuovi casi. Va ricordato, avverte Galli, che “ogni caso di morbillo è potenzialmente in grado di causare 16-18 casi secondari. È quindi assolutamente inaccettabile che un operatore sanitario non sia protetto e di conseguenza non protegga i suoi assistiti, evitando di contribuire alla diffusione dell’infezione”.

Ed ancora: l’età mediana degli operatori sanitari colpiti da morbillo – 35 anni – e l’età mediana dei casi di morbillo segnalati in Italia quest’anno – 25 anni – rivelano come a rischio di contrarre questa malattia siano anche gli adulti non vaccinati o che non si siano infettati in età infantile. Tra questi, molte donne in età fertile, che secondo gli infettivologi “dovrebbero assolutamente vaccinarsi prima di intraprendere una gravidanza”.

Da qui l’allarme della Simit: “A oggi, e vista la situazione – afferma Galli – l’obbligo vaccinale rigorosamente applicato resta l’unica via percorribile per un periodo che non è possibile prevedere di breve durata. E bisogna rilanciare la vaccinazione anche in ampi strati di giovani adulti rimasti fuori dagli interventi di prevenzione e tra gli operatori sanitari in primo luogo”.

Infatti, è il monito dell’esperto, “ogni ulteriore sottovalutazione in questo momento può essere foriera di pericolose conseguenze ai danni della salute pubblica e soprattutto ai danni delle componenti più fragili, come i bambini immunodepressi”. Basta dunque, chiede la Simit, con le posizioni “contraddittorie, che generano confusione e favoriscono gli irresponsabili”.

E in favore dell’obbligo vaccinale, “se necessario”, si schiera anche la Federazione degli ordini dei medici Fnomceo. Intanto, prosegue l’iter del ddl vaccini al Senato, così come si lavora al ministero della Salute per la messa a punto del nuovo Piano per l’eliminazione del morbillo e della rosolia: in entrambi i casi, si andrebbe nella direzione di una forte promozione della vaccinazione anti-morbillo tra adulti e sanitari.

Ma potrebbe non bastare, come già rilevato dal presidente dell’Istituto superiore di sanità Walter Ricciardi: “Tra i sanitari non si supera il 15-20% di vaccinati, ed è chiaro che serve l’obbligo”. Quanto al come attuarlo, Ricciardi osserva che “c’è una legge sulla sicurezza sui luoghi di lavoro che obbliga datore di lavoro e lavoratore ad attuare le misure per la prevenzione dei rischi, e non c’è rischio più evidente di quello della malattia”. Quindi, a legislazione vigente, conclude, “non serve altro che far rispettare la legge”.

(di Manuela Correra/ANSA)

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