Grandi manovre Pd verso il congresso, rispunta Gentiloni

Telecamere nella sala stampa della sede del Pd. Sullo sfondo il logo del partito. Primarie
Telecamere nella sala stampa della sede del Pd. ANSA/ETTORE FERRARI

ROMA. – Tutti ufficialmente negano, ma negli ultimi giorni é tornata a circolare l’ipotesi di Paolo Gentiloni candidato unico alla segreteria del Pd per evitare una guerra fratricida al congresso. Una polarizzazione in particolare tra Nicola Zingaretti, primo a candidarsi e sulla carta possibile favorito, e Marco Minniti, nel caso accettasse infine di correre come vorrebbe l’ala renziana.

L’ex premier riunirà i suoi a porte chiuse nel Teatro Nuovo di Salsomaggiore Terme (Parma) per un seminario, ma ostenta distacco dal partito. “Andrò ad ascoltare”, dice il senatore Renzi, “in questa fase sono abbastanza lontano dal dibattito nel Pd”.

L’ipotesi Gentiloni secondo molti semplicemente non esiste, ma le grandi manovre di questi giorni in vista dell’assemblea dem del 17 novembre vedono ancora comporsi gli schieramenti. Il deputato ed ex premier Gentiloni ha partecipato di recente al lancio della candidatura di Zingaretti in quello che é sembrato un endorsement. E proprio il governatore del Lazio sarebbe il meno disposto a farsi da parte, mentre continua a insistere sulla necessità di cambiare profondamente il Pd. Pungendo oggi il suo possibile rivale Minniti sul fatto che “la sicurezza non é solo ordine pubblico”.

L’ex ministro degli Interni é atteso sabato a Salsomaggiore, seconda giornata del seminario, con la presenza di Matteo Renzi. Improbabile che annunci lì la candidatura, per non ‘renzizzarla’ troppo. Ma l’attesa é già durata a lungo. La partita la gioca anche il segretario dimissionario Maurizio Martina, che – secondo fonti parlamentari -, in queste ore starebbe ricevendo pressioni trasversali per correre lui come candidato unitario che eviti un congresso-referendum e spacca Pd.

Da qui il pressing su un profilo come quello di Martina, che non ha mai escluso di potersi proporre in prima persona. Resta comunque il peso dei delegati renziani all’assemblea, in teoria ancora maggioranza, e che in caso di mancato raggiungimento da parte di un candidato alle primarie del 50 per cento risulterebbero decisivi. La Commissione Statuto del Pd ha deciso che non ci saranno modifiche alle regole prima del Congresso, a partire dalla separazione tra la figura del segretario e quella del candidato premier.

“Sul Pd ormai é un mese che ho un silenzio stampa – dice Renzi -. Ascolto, ascolto tutti. Salsomaggiore più che legata al congresso é una cosa che loro (i parlamentari e gli amministratori, ndr) mi hanno sempre chiesto. Non si esce su questioni congressuali”. “Il tempo passa per tutti – si lascia andare con Gerardo Greco su Rete 4 – ho governato mille giorni e ci sono stati tanti risultati e belle batoste. La partita l’abbiamo persa al referendum. Non faccio abiure per quello che abbiamo fatto”. E ancora una volta Renzi promette: “Chiunque vinca il congresso avrà il mio rispetto”. Senza quel ‘fuoco amico’ che lui sente di aver subito per anni. Ma molti guardano ancora al senatore di Rignano per sapere cosa sarà del Pd.

(di Luca Laviola/ANSA)