Cyberbullismo, arriva l’Osservatorio internazionale

Ragazzo con la testa appoggiata sulla tastiera del computer dvanto lo schermo. Cyberbullismo
Ragazzo con la testa appoggiata sulla tastiera del computer davanti allo schermo.

CITTA’ DEL VATICANO. – Secondo alcune ricerche circa un ragazzo su 4, dall’età di 11 anni, nel mondo è stato coinvolto in episodi di cyberbullismo, o comunque legati ad un uso scorretto o inconsapevole dello strumento digitale. In Italia, l’11% delle vittime dichiara di aver pensato al suicidio. I dati attualmente esistenti, tuttavia, non sono sufficienti per tracciare un quadro esaustivo del fenomeno.

Una fotografia che sarebbe di grande aiuto per elaborare buone pratiche di prevenzione. Per questo, su impulso di papa Francesco, nasce Ico, International Cyberbullying observatory, un osservatorio internazionale del cyberbullismo, che avrà sede in Vaticano ed è promosso congiuntamente dalla Fondazione Scholas, fondata dal Papa per promuovere il diritto all’educazione con una rete di 440mila scuole nel mondo, e la Fondazione Carolina, impegnata nella tutela dei minori sul web in memoria della prima vittima di cyberbullismo, Carolina Picchio.

Un primo gruppo di ricerca con giovani da Spagna, Italia e Portogallo insieme al comitato scientifico è fino a sabato al lavoro a Castelgandolfo per elaborare il questionario che consentirà di arrivare ad aprile 2019 alla presentazione di un macro rapporto, la prima indagine globale sull’esperienza digitale degli studenti.

L’Osservatorio ha tre scopi: misurare il fenomeno; esplorare le leggi promulgate nel mondo e il loro impatto; ricercare metodologie di supporto alle vittime. I risultati saranno restituiti ai rappresentanti istituzionali e alle delegazioni di studenti di circa 30 Paesi in un congresso che ha l’ambizione di coinvolgere anche i colossi del Web come Facebook e Google.

Per quanto riguarda l’Italia, un quadro lo traccia il professore Luca Bernardo, responsabile pediatrico del Fatebenefratelli e membro del comitato scientifico. “Al 2018 possiamo dire che abbiamo 1.200 casi nuovi ogni anno di cui l’80% dovuti a Internet. Sono più di 200 i ragazzi dai 7 anni ai 18 ricoverati nel 2018 di cui il 5% ha tentato il suicidio tant’è che all’interno del nostro dipartimento abbiamo quella che chiamiamo la stanza blu, perché è di colore blu, dove ricoveriamo uno o più adolescenti. Anni fa il più piccolo che abbiamo ricoverato aveva 9 anni”.

“Su impulso del Papa abbiamo cominciato a studiare il fenomeno in Argentina – ha spiegato Josè Maria del Corral, presidente di Scholas -, ma proprio lui ci ha detto: guardate, che in tutto il mondo i giovani hanno problemi. Siamo andati in Africa, in America Latina, in Europa, in Israele e ovunque i giovani ci hanno detto: siamo soli, non ci ascoltano. Anche a Madrid abbiamo incontrato ragazzi che hanno voluto togliersi la vita per un like di meno, con i loro telefoni senza contatti, senza amici. Noi dobbiamo essere in grado di elaborare una informazione da cui generare politiche pubbliche. L’Italia ha una legge esemplare perché agisce non solo secondo il profilo penale ma anche preventivo”.

“La famiglia è la cellula primaria dove fare prevenzione, da lì si comincia”, ha sottolineato da parte sua Ivano Zoppi, direttore generale della Fondazione Carolina. Una istituzione che va aiutata perché spesso è il primo rifugio delle vittime.

“L’80% dei ragazzi – ha fatto sapere Del Corral – non si sente la possibilità di condividere il suo disagio né a casa né con la scuola. Ci sono ragazzi che dicono, mi pento di aver chiesto aiuto a casa mia, mi pento di averlo detto al dirigente scolastico. Attenzione, a volte è peggio il rimedio della malattia. Dobbiamo riconoscerci ignoranti in questo tema. Per questo dobbiamo creare un comitato di esperti che metta insieme giovani, famiglia e scuola per pensare il problema in maniera integrale”.

(di Nina Fabrizio/ANSA)

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