Scetticismo in Vaticano sul ritorno del mistero Orlandi

Quando si ricercava Emanuela Orlandi scomparsa
35 anni fa, quando si ricercava Emanuela Orlandi scomparsa

CITTA’ DEL VATICANO. – L’apertura di un fascicolo “per omicidio”, da parte della Procura di Roma, dopo il ritrovamento dei resti ossei nel terreno sottostante un locale annesso alla Nunziatura Apostolica in Italia, cioè l’Ambasciata della Santa Sede a Roma, in Via Po 27, zona territoriale vaticana, agita nuovamente le acque d’Oltretevere.

Serpeggia, nelle felpate conversazioni nei Sacri Palazzi, anche un malcelato fastidio per l’immediato collegamento con il “mistero dei misteri”, la scomparsa 35 anni fa delle due giovani Emanuela Orlandi e Mirella Gregori, a poche settimane l’una dall’altra. Ma soprattutto non si nasconde un certo scetticismo sulla possibilità che i resti rivenuti, che apparterrebbero a due persone, non si sa ancora esattamente di quale sesso e quale età e a che periodo risalgano, possano corrispondere ai profili di una o di entrambe le ragazze scomparse.

C’è quindi molta attesa per l’esito degli accertamenti della polizia Scientifica e della Questura di Roma disposto dal capo della Procura romana Giuseppe Pignatone: un’incognita che, tra l’altro, ha riacceso sia la sofferenza che le aspettative delle rispettive famiglie. Anche nel caso che l’esame dei resti cadaverici escludesse una compatibilità che riaprirebbe clamorosamente uno dei casi più oscuri e discussi delle recente storia italiana e vaticana, comunque, resterebbero interrogativi in se stessi clamorosi: e cioè come sia possibile che dei corpi umani siano stati interrati (occultati?) in territorio del Vaticano.

Le domande aperte, quindi, sono tante: e alcune portano anche al periodo della scomparsa delle due ragazze, il 1983, quando la Nunziatura Apostolica era retta, e lo fu fino al 1986, dal nunzio Romolo Carboni, l’uomo che proprio in quell’anno, su incarico di papa Giovanni Paolo II e come stabilito sulla costituzione apostolica ‘Ut sit’ del 28 novembre 1982, il 19 marzo portò a compimento l’erezione dell’Opus Dei in prelatura personale.

Quello che è indubbio, piuttosto, è la modalità di rapida e aperta collaborazione con le autorità italiane scelta in questo caso dalla Santa Sede, anziché procedere in proprio con un’indagine interna. I tempi, tra l’altro, sono stati celerissimi, con l’input diretto dei vertici vaticani.

Dopo il rinvenimento delle ossa e l’intervento sul posto del Corpo della Gendarmeria, gli inquirenti vaticani e il nunzio apostolico, lo svizzero Emil Paul Tscherrig, hanno informato i “superiori”, quindi la Segreteria di Stato e, tramite essa, il Papa: da qui l’ordine, per celerità e trasparenza, di affidare le indagini alle istituzioni italiane, come consentito dai Trattati lateranensi.

“Noi abbiamo riscontrato molta disponibilità e molta fiducia da parte del Vaticano che ci ha subito allertati su questo ritrovamento, il comportamento del Vaticano a seguito del rinvenimento è un comportamento più che virtuoso, lineare e tranquillo”, si apprende da fonti di polizia coinvolte nell’attivazione di un canale tra Vaticano e magistratura italiana. Secondo le stesse fonti, “gli accertamenti saranno molto rapidi, questione di giorni”, e il primo obiettivo è “appurare se si tratti di qualcosa di compatibile o no con un’attività delittuosa”. Il resto a seguire.

(di Fausto Gasparroni e Nina Fabrizio/ANSA)

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