Angela Merkel si ritira dalla politica: si apre la strada a nuova Europa

Giuseppe Conte, Angela Merkel ed altri funzionari controllano i la stesura dell'accordo Ue
Giuseppe Conte Angela Merkel ed altri funzionari controllano i la stesura dell'accordo Ue. (Foto [email protected])

BRUXELLES. – Quando Angela Merkel giurò per il suo primo mandato da cancelliera, il 22 novembre 2005, la Ue e l’euro erano il faro del mondo. Tredici anni dopo, quando la ‘zarina’ annuncia la sua uscita di scena, l’Europa è divisa come non mai: gli inglesi hanno scelto la Brexit, la moneta unica lotta per sopravvivere, il consenso per la Ue in Italia è passato dal livello massimo tra i 28 a quello più basso in assoluto, il fantasma neonazista si riaffaccia in Germania e nel Parlamento europeo, il nazionalismo è al massimo dal dopoguerra, la Grecia è finita praticamente in bancarotta ed altri quattro Paesi di Eurolandia hanno avuto bisogno di dolorosi salvataggi.

Lo schianto economico-finanziario, sotto la guida del socio di sempre Wolfgang Schaeuble, Angela Merkel lo ha gestito tutto sommato bene. A travolgerla è stato lo tsunami di migranti cui aprì le porte nell’agosto del 2015. Un errore politico che ha pagato fin da subito nel suo stesso partito, e che ha avuto ricadute su tutti i governi europei.

Paradossalmente, il suo famoso ‘Wilcommen’ a tutti quelli che scappavano dalle guerre ha dato l’avvio alla battaglia su migranti e accoglienza in Europa. Combattuta con mezzi sempre più pesanti, fino alla chiusura dei porti italiani della scorsa estate. Sacerdotessa del compromesso storico, ideatrice della Grosse Koalition tra i democristiani della sua Cdu/Csu ed i socialdemocratici della Spd, Merkel aveva esportato il suo metodo anche nelle istituzioni europee, oggi espressione dei due maggiori partiti Ppe e Pse. Ma ora il metodo rischia di andare in crisi anche a Bruxelles.

Il leader dei Verdi che l’hanno sconfitta due volte, in Baviera e Assia, Robert Habeck, ha parlato di “fine di un’era: quella delle grandi Volksparteien”, i grandi partiti di massa che hanno governato per 70 anni il continente europeo. Con l’uscita di scena di Merkel, alchimista del compromesso, che sull’altare del consenso interno ha spesso sacrificato i partner europei (ad esempio bloccando per anni dossier vitali come l’Unione bancaria), le europee del 2019 diventano di fatto un referendum sul futuro dell’intero continente.

Ora, anche l’asse franco-tedesco all’improvviso vacilla. E il cantiere delle riforme dell’Eurozona avviato con Macron dovrà rinviare i lavori a data da destinarsi. Il presidente francese continua a chiedere un’Unione monetaria sempre più integrata anche se ristretta, con un suo bilancio e un suo ministro. Ma la sua voce è sempre più sola.

(di Chiara De Felice/ANSA)

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