Tecnici Mef nel mirino del M5s. Tria: “Attacchi irrazionali”

Il Ministero dell'Economia e delle Finanze in via XX settembre a Roma. Btp
Il Ministero dell'Economia e delle Finanze in via XX settembre a Roma. ANSA/ ETTORE FERRARI

ROMA. – Non si placa la battaglia dei 5 Stelle contro quelli che, senza arrivare alle perifrasi di Rocco Casalino, definiscono i burocrati della Prima Repubblica, “servitori dei partiti e non dello Stato” colpevoli di intralciare il cammino del governo del cambiamento. Una fitta schiera di grand commis che arriva fino ai vertici di Bankitalia e delle altre autorità di garanzia e vigilanza, passando per altri istituti come l’Inps ma che include soprattutto i tecnici del Tesoro.

Tre in particolare: il ragioniere dello Stato Daniele Franco, il direttore generale del ministero, Alessandro Rivera e il capo di gabinetto del ministro Tria, Roberto Garofoli. E’ su di lui che si è scagliato l’ultimo anatema pentastellato – riaprendo recenti ferite nei rapporti con il Tesoro – accusandolo di aver inserito al dl fiscale, secondo la tesi dei 5 stelle e la ricostruzione de Il Fatto, due commi che destinavano 84 milioni di euro in tre anni per la gestione liquidatoria dell’Ente strumentale alla Croce rossa Italiana.

Un fatto “molto grave”, è l’accusa della deputata pentastellata Vittoria Baldino che attacca: “è bene che le ‘manine’ capiscano che la musica è cambiata: ciò che succedeva con i governi precedenti non sarà più possibile”. Poi avverte: “Adesso Roberto Garofoli, dirigente del Mef che ha la responsabilità degli atti che escono da quegli uffici, dica chiaramente chi ha previsto tutti quei fondi per un ente in liquidazione, e perché. Altrimenti si dimetta”.

Le fa eco il senatore e membro della commissione Finanza, Elio Lannutti, che chiede a Garofoli di spiegare “immediatamente chi c’è dietro oppure rassegnare subito le dimissioni”. Un attacco che però – questa volta – il titolare del Dicastero di via XX settembre non intende far passare sotto silenzio. E si affida, anzi, ad una lunghissima nota per puntare decisamente il dito contro quell’attacco “privo di fondamento e irrazionale” rivolto al suo Capo di Gabinetto, Roberto Garofoli, e al Ragioniere Generale dello Stato, Daniele Franco.

Il ministro, infatti, sottolinea come “la norma proposta era diretta a pagare il tfr ai lavoratori come richiesto dal Ministero della Salute” smentendo così “categoricamente che la norma, poi stralciata, prevedesse un aumento di risorse per l’ente in liquidazione. Si trattava piuttosto – è ancora la puntale precisazione – di una disposizione di tutela dei lavoratori, senza la quale ora non è possibile provvedere al pagamento del loro Tfr”.

In difesa della norma arrivano anche i sindacati di settore: nessuna “manina”, solo una “soluzione tecnica, ad invarianza di spesa per la finanza pubblica, per garantire la tutela previdenziale dei lavoratori”.

(di Francesca Chiri/ANSA)

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