Fed alza i tassi a apre a nuova stretta. L’ira di Trump

Primo piano di Jerome Powel, presidente della Fed.
Jerome Powel, presidente della Fed.

NEW YORK. – L’economia americana corre e la Fed alza i tassi di interesse, che tornano sopra il 2% per la prima volta dal 2008. L’aumento di un quarto di punto porta il costo del denaro in una forchetta fra il 2,00% e il 2,25%. E potrebbe non essere finita: la banca centrale apre infatti alla possibilità di una quarta stretta nel 2018 se non ci saranno scossoni economici.

Immediata l’ira di Donald Trump: ”non sono contento dell’aumento dei tassi di interesse” dice. ‘Sfortunatamente ha appena aumentato i tassi. Non sono contento di questo. Sono preoccupato del fatto che” alla Fed ”sembra piacere alzare i tassi”, aggiunge. Parole dure che seguono la decisione della Fed e la difesa dell’indipendenza della banca centrale da parte di Jerome Powell.

A chi gli chiedeva una replica agli attacchi di Trump delle scorse settimane, il presidente della Fed ha risposto: ”Il Congresso ci ha dato un importante compito. Non prendiamo in considerazione fattori politici”. Powell poi avverte: ”Al momento la Fed non vede effetti sull’economia dalla politica commerciale. Ma dazi diffusi nel lungo termine possono essere negativi per gli Stati Uniti”.

Un messaggio chiaro sui rischi che una guerra commerciale fra Stati Uniti e Cina implica e sui suoi potenziali effetti sulla ripresa e sull’inflazione. In un tono più disteso Powell torna poi a dipingere il positivo quadro dell’economia, senza però nascondere che difficoltà continuano a esistere.

”L’economia americana è forte, la disoccupazione è bassa e i salari sono in aumento. Tutti questi sono segnali buoni, ma questo non significa che tutto e’ perfetto: non tutti gli americani godono infatti dei benefici” afferma Powell durante la conferenza stampa al termine della due giorni di riunione. Constatando come il sistema finanziario è più forte di dieci anni fa quando è scoppiata la crisi.

Powell poi rassicura sul fatto che la velocità in cui si sta muovendo la Fed è quella appropriata: ”rialzi graduali ci consentono di monitorare i dati economici” dice il presidente della Fed, osservando come il ciclo di rialzi riflette la forza dell’economia. La rimozione dal comunicato fonale della parola ”accomodante” per descrivere la politica monetaria non indica che la Fed – spiega Powell – intende accelerare nei rialzi: ”se l’economia dovesse rallentare” improvvisamente, aggiunge, ”tassi più bassi sono garantiti”.

Alle rassicurazioni Wall Street sembra inizialmente credere: l’annuncio dell’aumento di un quarto di punto dei tassi di interesse, il terzo dall’inizio dell’anno e l’ottavo dal 2015, non ha un immediato effetto freno sui listini americani che reagiscono positivamente. nei minuti finali arriva invece la frenata e gli indici chiudono in territorio negativo, iniziando probabilmente a metabolizzare l’ipotesi di una quarta stretta nel 2018, probabilmente a dicembre. Una stretta legata al buono stato dell’economia.

La Fed ha rivisto al rialzo la crescita americane per il 2018 e il 2019: quest’anno il pil e’ atteso crescere del 3,1% a fronte del 2,8% stimato in giugno. L’anno prossimo crescerà del 2,5%. Il tutto in un contesto di disoccupazione contenuta al 3,7% quest’anno e al 3,5% nel 2019.

A preoccupare la Fed sono però i conti pubblici americani: ”non è un segreto che siamo su una strada insostenibile” dice Powell riferendosi al debito e al deficit. Il quadro è sostanzialmente positivo anche fuori dagli Stati Uniti, anche se la crescita procede più lentamente, soprattutto sui mercati emergenti, alcuni dei quali alle prese con ”problemi difficili”.

La Fed monitora l’andamento delle economie emergenti, rassicura Powell cercando di spazzare via le critiche mosse alla Fed per la noncuranza sull’effetto delle sue politiche sugli altri paesi. ”Siamo consapevoli degli effetti che abbiamo sul mondo e cerchiamo di essere trasparenti.”

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