L’italo-venezuelano Milillo, biancorosso fino al midollo

L'italo-venezuelano Milillo (d) in compagnia dell'allenatore Dugarte
L'italo-venezuelano Milillo (d) in compagnia dell'allenatore Dugarte

CARACAS – “L’amore per il calcio non é solo un divertimento, ma un sentimento che nasce nel cuore. Nella vita ci sono due cose che non cambiano: la familia e l’amore per un club” questa frase descrive i sentimenti dell’italo-venezuelano José “Pino” Milillo per la palla a chiazze, ma sopratutto per il suo Estudiantes de Mérida.

Per il calciatore di origine pugliese la maglia biancorossa é come una seconda pelle. Tanta é la sua passione che ha giurato amore eterno a questa squadra, é l’unica squadra con cui ha giocato in Primera. Pino può vantarsi di dire che é l’unico calciatore che ha vinto due scudetti con l’Estudiantes de Mérida.

“Ho avuto la fortuna di iniziare e giocare tutta la mia carriera calcistica con l’Estudiantes de Mérida. Mio padre, Rafael Milillo, é stato uno dei fondatori delle categorie giovanili del club. In quel gruppo c’erano persone come il dottor García, il signor Fernández, mio papá ed altre persone che davano il suo apporto senza fini lucrativi”.

Negli anni ’60, le categorie giovanili del club andino erano allenate dai giocatori della prima squadra. Nella “cantera” degli accademici Milillo ha avuto come prof di calcio giocatori del calibro di Héctor Minniti, Luis Marquina, Isabelino Martínez, gli italo-uruguaiani Juan Scarpeccio e José Chiazzaro (lo storico goleador dell’Estudiantes con 117 reti) e l’italo-venezuelano Luis Mendoza Benedetto. Questa situazione aiutava nella crescita sportiva dei futuri calciatori.

“Ricordo che ricevevo lezioni di calcio dai big di quegl’anni. Loro ci insegnavano i segreti del mestiere: come metterci in campo, come ricevere la palla, come colpire di testa e tutte queste cose che ti aiutano a crescere a livello professionale. Tutti gli allenamenti li facevamo con la palla! Ricordo che tutti correvamo dietro la palla. Non come ora che gli allenatori parlano di schemi e tattiche e i poveri ragazzi non toccano un pallone”.

Quando parla degli allenamenti l’italo-venezuelano ci dice: “Alcuni dei miei fratelli piangevano e non volevano fare gli allenamenti. Mio papá come buon italiano voleva che tutti noi giocassimo a calcio. Peccato che di cinque figli solo tre siamo stati maschi, sennò potevamo formare una squadra di calcetto (ride Milillo)!”.

Grazie al suo talento con la palla, Pino ha scalato tutte le categorie dell’Estudiantes de Mérida. “Il salto in prima squadra é stato facile! A casa tutti volevano che giocassi con la maglia biancorossa. Noi delle giovanili avevamo un piccolo vantaggio. Eravamo allenati dai giocatori della prima squadra e loro giá conoscevano il nostro modo di giocare. I calciatori della Primera ci aiutavano a fare il grande salto”.

José Milillo, ha anche difeso la maglia della nazionale venezuelana, lo ha fatto nei Juegos Panamericanos del 1983 che si sono svolti a Caracas, nella Coppa America dello stesso anno e nel  preolímpico per i Giochi Los Ángeles 1984.

Nel torneo che si é disputato alle falde dell’Ávila, Pino e la Vinotinto hanno sfidato Uruguay (sconfitta 0-1) e Bermude (vittoria 3-2).

Dopo l’esperienza nei Juegos Panamericanos, la nazionale venezuelana ha partecipato nella Coppa América dove ha affrontato Cile ed Uruguay. Allora la competizione continentale si giocava con gare d’andata e di ritorno. La vinotinto porto a casa un bilancio di un pareggio (0-0 con la roja nello stadio Brigido Iriarte) e tre sconfitte.

Durante l’intervista che si é svolto nella panetteria di Milillo, l’ex calciatore ci ha parlato di com’era la Primera División ai suoi tempi.

“Era uno spettacolo! Non voglio sbagliarmi, ma penso che ho vissuto la miglior epoca dell’Estudiantes de Mérida. Avevamo giocatori come Scarpeccio, uno dei migliori 10 che ho visto. Con noi giocavano il difensore Mario Nipilotti, ‘El cabezón’ Ancheta, Chiazzaro che era soprannominato ‘elcañonero del paramo’. Con loro c’erano i brasiliani Da Silva e Saturnino. Per me é stato un onore giocare e vincere con l’Estudiantes”.

Ci sono diverse gare che sono rimaste nella memoria di Milillo. “Una di queste risale al 1979, allora giocavo con le giovanili, abbiamo vinto il campionato di categoría. Un’altra gara che ricordo é con la maglia della nazionale, durante i Juegos Panamericanos. Il giorno che abbiamo sfidato l’Uruguay. fu un’emozione grandissima! Arrivare nel pulman allo stadio Brigido Iriarte e sentiré durante il riscaldamento il pubblico che gridava: Venezuela! Venezuela! E poi con l’inno nazionale ricordo che ho avuto la pelle d’oca e cercavo di non far fuoriuscire le lacrime”.

“Pino” Milillo, ha avuto anche la fortuna di partecipare nella Coppa Libertadores. “Nell’edizione del 1982, il campionato venezuelano é stato rappresentato dall’Estudiantes e dal Deportivo Táchira. Eravamo stati inseriti nello stesso girone con i colombiani del Deportes Tolima ed Atlético Nacional. Nelle gare giocate in Venezuela abbiamo giocato bene, ma in trasferta la storia é stata ben diversa. ma per noi é stata una buona esperienza”.

Uno degli allenatori che più ricorda Milillo é Modesto Sandoval, era l’ex portiere paraguaiano. “Di lui ho imparato la grinta, la voglia di lavorare e non dare nulla per scontato e cercare fino all’ultimo momento di portare a casa la vittoria”.

Oltre ai due scudetti vinti con l’Estudiantes de Mérida, nel palmares di José “Pino” Milillo spiccao due medaglie d’oro nei Giochi Fedeciv.

Dopo il ritiro dal calcio professionistico, Pino, che é laureato in ingegnieria elettrica presso l’Universidad de Los Andes ha cercato di dedicarsi alla sua professione, ma poi ha preferito lavorare nella ditta di familia: la panatteria!

Durante la chiacchierata calcistica ci ha parlato di come vede il calcio venezuelano attualmente. “Mi fa infuriare e mi vergogno dell’attuale situazione dell’Estudiantes de Mérida. Vedere come la mia squadra lotta sempre per non retrocedere. Ai miei tempi quello era impensabile! Noi eravamo sempre tra i primi cinque della classifica. Attualmente questi ragazzi hanno uno stadio di ottimo livello come il Metropolitano, nei miei tempi si giocava nel Guillermo Soto Rosa a mezzogiorno. Sai cosa vuol dire giocare a quell’ora a 2 mila metri sul livello del mare? I nostri avversari svenivano sul campo! Noi eravamo abituati, noi allenavamo sempre a quell’ora. Mentre i nostri avversari quando eravamo nella ripresa non vedevano l’ora che l’arbitro fischiasse la fine! Nessuno vinceva qui a Mérida! Eravamo imbattibili!”.

di Fioravante De Simone