Dieci anni fa falliva Lehman Brothers, effetti della crisi non svaniti

Impiegati smobilitano l'insegna di Lehman Brothers
Il crac Lehman il 15 settembre 2008

NEW YORK. – Dieci anni fa Lehman Brothers gettava la spugna, aprendo una crisi mondiale i cui effetti ancora si sentono. Nonostante la ripresa economica in corso ormai da mesi e un mercato del lavoro che continua a rafforzarsi, la crescita ha tagliato fuori una buona fetta della classe media gettando – secondo molti osservatori – i semi di quel populismo che ha preso le forme della Brexit e dell’elezione di Donald Trump.

Da settembre 2008, l’economia americana ne ha fatta si strada, così come ne hanno fatta le banche statunitensi. Di coloro che erano alla guida dei colossi di Wall Street durante i mesi iniziali della crisi, quelli più convulsi caratterizzati da un susseguirsi di misure di emergenza, sono rimasti solo due ‘volti noti’: Jamie Dimon di JPMorgan e Lloyd Blankfein di Goldman Sachs. Tutti gli altri si sono ricollocati in posizioni meno di primo piano, anche i ‘colpevoli’.

Ne è un esempio ‘il gorilla di Wall Street’ Rick Fuld, amministratore delegato di Lehman al momento del crollo, che pur essendo diventato la faccia dei mali della finanza ha ripreso tranquillamente a lavorare fondando nel 2016 una società di asset management, Matrix Capital Group. Il tutto senza mai un mea culpa.

Il ricordo di quei giorni del 2008, quando la paura per una situazione che precipitava a vista d’occhio, ancora scuote Wall Street, la cui cultura però – ha denunciato il direttore del Fmi Christine Lagarde – stenta comunque a cambiare fra prese di rischio eccessive e innovazione tecnologica che rappresentano le nuove minacce.

Eppure quel 15 settembre, il giorno della bancarotta di Lehman Brothers, sembrava essere stato in grado di aver cambiato le carte in tavola: lo spavento è stato talmente grande e le perdite talmente forti che un’inversione di rotta sembrava scontata.

Ma le abitudini sono dure a morire a così Wall Street resta un club di soli uomini, dove gli eccessi continuano a farla da padroni. L’unica certezza è che lavorare in una delle grandi banche non è più l’ambizione della maggioranza: la Silicon Valley più rilassata e aperta attrae più di Wall Street, in quello che è un evidente scontro culturale.

Con le immagini ancora impresse dei centinaia di dipendenti con gli scatoloni che escono da Lehman, in molti guardano ora alla prossima crisi, cercando di intravederla prima di essere travolti. E in molti puntano ancora una volta il dito sul mercato immobiliare: dopo essersi ripreso di recente sta sperimentando ore un forte aumento dei prezzi che sembra presagire il peggio, complice anche il rialzo dei tassi della Fed che rende i mutui più costosi.

Altri guardano invece alle possibili bolle sul mercato finanziario, con Wall Street che continua a viaggiare su livelli record incurante delle tensioni commerciali e l’incertezza politica. Altri ancora attendono possibili passi falsi da parte delle banche centrali, che dopo anni di mosse coordinate procedono ora in direzioni diverse che riflettono i diversi stadi della ripresa economica a livello globale.

Per ora comunque nessuno guarda con preoccupazione a Washington: le difficoltà di Trump e lo spettro dell’impeachment non spaventano.

(di Serena Di Ronza/ANSA)