Mea culpa di Facebook e Twitter: “Ma oggi più forti”

Una persona camminando di fronte al tabellone con il pollice in su, like, di fronte al Menlo Park, California. Facebook
Una persona camminando di fronte al tabellone con il pollice in su, like, di fronte al Menlo Park, California

WASHINGTON. – Facebook torna a fare mea culpa per i ritardi con cui ha contrastato troll e fake news attraverso cui i russi hanno inquinato il processo elettorale americano nel 2016. Ma assicura come da allora siano stati fatti grandi passi in avanti, nonostante la sfida per difendere la democrazia dalle infiltrazioni sui social media sia ancora lungi dall’essere vinta.

“Siamo stati troppo lenti ad individuare il problema e troppo lenti ad agire”, ha ammesso la numero due di Menlo Park, Sheryl Sandberg, da mesi nel mirino per quanto accaduto con lo scandalo della Cambridge Analytica, con i dati personali di milioni di americani rubati e utilizzati per favorire la campagna di Donald Trump.

Sicura e per nulla intimorita dal fuoco di fila delle domande Sandberg ha comunque assicurato come il lavoro svolto stia dando buoni risultati: “Stiamo fermando la diffusione delle fake news”, anche se non è sempre facile individuare chi vuole inquinare la nostra piattaforma: “I nostri nemici sono ben finanziati e noi stiamo investendo tantissimo per rafforzare i nostri sistemi”, ha aggiunto, dicendosi aperta ad una più severa regolamentazione del settore, “purché sia quella giusta”.

Anche Mark Zuckerberg sulle colonne del Washington Post assicura come Facebook abbia “rafforzato le proprie difese”: “Ma è come in una corsa agli armamenti – ha aggiunto – e per combattere le interferenze sulle elezioni servirà un sforzo congiunto tra i settori pubblico e privato per proteggere la democrazia”.

Accanto a Sandberg davanti ai membri del Congresso Jack Dorsey, numero uno di Twitter, che al contrario della sua collega ha esordito affermando di essere “molto timido e di poche parole”. Ha quindi assicurato come oramai tutti abbiano imparato la lezione del 2016: “Ma serve più trasparenza e dobbiamo lavorare insieme, rafforzare la cooperazione tra noi. Non possiamo farcela da soli” contro un nemico sempre più intrusivo e ben finanziato, che rischia di minacciare il voto anche nelle prossime elezioni: non solo in Usa con il voto di metà mandato a novembre ma anche in Europa.

Parole che non sono servite ad evitare un mezzo tracollo di Twitter in Borsa, con il titolo che è arrivato a perdere a Wall Street quasi il 6%. Grande assente a Capitol Hill Google, con i due big Larry Page e Sundar Pichai che hanno snobbato l’audizione decidendo di non presentarsi. Una rappresaglia contro gli attacchi della Casa Bianca che giorni fa ha agitato le spettro di una stretta sull’attività del colosso di Mountain View.

Intanto il ministro della Giustizia Jeff Sessions ha annunciato una sorta di indagine per verificare se i big del web “ostacolino la concorrenza soffocando intenzionalmente il libero scambio di idee”. Questo – si legge in una nota – attraverso una presunta azione di censura sulle piattaforme dei social media. Un incontro a proposito si svolgerà entro fine mese e la minaccia è anche quella di avviare un’azione antitrust contro i principali gruppi della Silicon Valley.