Italiani a Tripoli: “Per ora non siamo in pericolo”

Una veduta esterna dell'ambasciata italiana a Tripoli ripresa il 18 marzo 2011.
Una veduta esterna dell'ambasciata italiana a Tripoli ripresa il 18 marzo 2011. ANSA/CLAUDIO ACCOGLI

ROMA. – “Per ora non ci sentiamo in pericolo, a Tripoli, la situazione è tesa ma non è quella del 2011”: lo dice all’ANSA G.P., un imprenditore italiano nella capitale libica. “E’ vero che si combatte in alcune zone, dove ovviamente è sconsigliato andare, e c’è una significativa escalation rispetto alle scaramucce del passato, come dimostra il bilancio dei morti, ma in altre parti di Tripoli la situazione è estremamente tranquilla”, racconta, mentre attende una macchina per recarsi a un incontro di lavoro.

“Anche i miei colleghi e altri connazionali lavorano normalmente. Non siamo tappati in casa, ma ovviamente c’è molta prudenza. I checkpoint nella capitale sono presidiati dalle milizie, alcune hanno lasciato il campo e ne sono arrivate altre”.

“Non è il 2011 (l’anno della rivoluzione contro Muammar Gheddafi) anche perché a Tripoli oggi ci sono molti stranieri di varie nazionalità, molte imprese. C’è una generale sensazione di tranquillità, nonostante arrivino notizie talvolta allarmanti, che spesso si rivelano false”, aggiunge il connazionale. Nelle strade di Tripoli oggi “non c’è molto traffico, e almeno in centro non si nota una rafforzata presenza militare, anzi”.

L’aeroporto della capitale è stato chiuso venerdì per precauzione dopo il lancio di alcuni razzi e colpi di mortaio, e nell’area si sono concentrati ieri gli scontri più violenti tra la 7/ma Brigata ribelle e le altre milizie che tentano di fermarne l’avanzata. Tutto il traffico aereo è stato spostato su Misurata, dove i militari italiani – il dispositivo prevede un impegno massimo di 400 unità – che “stanno bene e in sicurezza”, ha sottolineato la Difesa, gestiscono un ospedale da campo.

“Da Tripoli sono oltre 200 chilometri. Mi hanno detto stamani che la strada è assolutamente tranquilla”, sottolinea G.P. Alcuni connazionali sono partiti, “ma nell’ambito delle routine di ferie o rientri già previsti”. Nella capitale, in ogni caso, “c’è un grande malcontento. La corrente elettrica salta spesso, mancano i soldi, in molti devono fare 5-6 ore di fila in banca per racimolare contanti, scarseggia anche la benzina”, racconta l’ingegnere.

“In tanti puntano l’indice contro l’inefficienza del governo e accusano gli europei e i Paesi del Golfo – il Qatar in particolare – di ‘complicità’ perché impediscono il cambiamento e il rilancio del Paese”.

(di Claudio Accogli/ANSA)

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