Nuova sfida dell’Iran: “Missili schierati in Iraq”

Sfilata con missili nelle vie di Teheran, dietro la gigantografia dell'estinto Ayatollah Ruhollah Komenei
Sfilata con missili nelle vie di Teheran, dietro la gigantografia dell'estinto Ayatollah Ruhollah Komenei

BEIRUT. – Oltre che dalla Siria e dallo Yemen, anche dall’Iraq l’Iran può ora minacciare direttamente con missili balistici i suoi due arcinemici, Israele e Arabia Saudita, alleati strategici degli Stati Uniti. Un segno questo dell’inasprimento della tensione nell’area, in un’atmosfera già molto tesa nei rapporti tra Washington e Teheran dopo la decisione americana di stracciare l’accordo sul nucleare raggiunto nel 2015.

Da un’approfondita inchiesta condotta da Reuters e basata su una serie di interviste con alti esponenti degli apparati militari e di intelligence dell’Iran, dell’Iraq e di paesi occidentali, emerge che la Repubblica islamica ha fornito a milizie irachene sue alleate missili a corto raggio in grado di colpire sia Tel Aviv che Riad. Dal punto di vista iraniano, sono Israele, l’Arabia Saudita e gli Stati Uniti che minacciano l’Iran, e non viceversa.

Nei mesi scorsi si sono intensificati raid aerei attribuiti a Israele nella Siria in guerra. E gli Stati Uniti mantengono da anni un contingente militare sia in Iraq che nella Siria orientale, proprio al confine con i territori iracheni. Dal canto suo, l’Iran sostiene direttamente gli Hezbollah libanesi anti-israeliani e diverse milizie sciite irachene.

In Siria, i pasdaran – i Guardiani della rivoluzione iraniani – non solo sono presenti in forze, ma coordinano anche una serie di milizie siriane, irachene e afghane. In Yemen, l’insurrezione degli Huthi contrastata dall’Arabia Saudita trova l’appoggio dell’Iran.

La Repubblica islamica è stata accusata più volte dagli Stati Uniti e dai suoi alleati di inviare armi agli Huthi, che da mesi lanciano periodicamente missili balistici contro obiettivi anche civili in Arabia Saudita, negli Emirati Arabi Uniti e in altre aree dello Yemen.

Le fonti dell’inchiesta di Reuters affermano che la decisione di stabilire degli avamposti missilistici nel vicino Iraq era stata presa più di un anno fa. Inizialmente si pensava di aprire delle fabbriche missilistiche, o di riattivarne alcune risalenti all’epoca del deposto presidente Saddam Hussein, e di affidare la produzione ai miliziani sciiti iracheni, sostenuti da Teheran ufficialmente per combattere il “terrorismo dello Stato islamico”.

Successivamente, spiegano le fonti, i pasdaran hanno deciso di fornire alcuni missili – Zelzal, Zolfaqar, Fateh-110 – con raggi variabili, da 200 a 700 chilometri, capaci di colpire le capitali dell’Arabia Saudita e di Israele. Oltre alla fornitura di missili, le autorità militari iraniane hanno comunque avviato la produzione in loco, in tre diversi siti: a Zaafaraniya, a est di Baghdad; vicino Karbala, la città santa sciita nel sud del paese; e nel Kurdistan iracheno, probabilmente nella regione di Sulaymaniya, dominata dal clan dei Talebani da decenni protetti dall’Iran.

(di Lorenzo Trombetta/ANSA)