Il reddito di cittadinanza nella Silicon Valley

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Silicon Valley: Mille dollari a mese per rimediare a lavori persi per tecnologia

ROMA. – La nuova rivoluzione industriale dettata dalle tecnologie rischia di cancellare milioni di posti di lavoro, e fra le soluzioni prospettate c’è anche un reddito di cittadinanza che sostituisca quelli persi. Ai tentativi già fatti in diverse parti del mondo si sta per aggiungere il test di Y Combinator, uno dei principali incubatori di start up della Silicon Valley, che come racconta la rivista del Mit Technology Review vuole verificare gli effetti che avrebbe sulla società un ‘Universal Basic Income’.

Il progetto, in collaborazione con l’università del Michigan, prevede che mille persone ricevano uno stipendio di 1000 dollari al mese (860 euro) per tre o cinque anni, mentre ad altre duemila verrà dato un contributo di 50 dollari, per un costo totale di 60 milioni di dollari. Sono ancora da definire sia i due stati in cui sarà attuato che le tipologie di persone coinvolte.

L’intenzione, spiega il direttore della compagnia Sam Altman in un post sul blog della compagnia, è di verificare quali sarebbero gli effetti ‘sociali’ dell’iniziativa. “Sono abbastanza sicuro che ad un certo punto nel futuro, con la tecnologia che continua a eliminare i lavori tradizionali, vedremo qualcosa del genere su scala nazionale. Quindi sarebbe una buona cosa rispondere ad alcune questioni teoriche ora. Le persone starebbero a casa a giocare ai videogiochi o creerebbero nuove cose? Si sentirebbero comunque felici e realizzate? Non avendo il problema di non riuscire a mantenersi sarebbero più utili per la società? Chi riceve il sussidio crerebbe più valore economico di quello ricevuto?”.

Fino a questo momento gli altri esperimenti sul reddito di cittadinanza, come quelli in Canada e in Finlandia, fa notare il sito, sono stati interrotti prematuramente, e non hanno dato risposte ai dubbi degli economisti sulla fattibilità. Anche un piccolo test sempre promosso da Y Incubator ad Oakland è partito molto a rilento e ha arruolato molte meno persone del previsto per problemi burocratici.

Sulla necessità di trovare una soluzione al problema dei posti di lavoro persi ci sono peró pochi dubbi. L’ultimo allarme in questo senso è venuto recentemente dal capo economista della Bank of England, che in una intervista alla Bbc ha dichiarato che la perdita di posti dovuta alla ‘quarta rivoluzione industriale’, quella dettata dall’arrivo dell’intelligenza artificiale, avrà un’impatto peggiore di quello avuto dalla prima in epoca vittoriana.

(di Pier David Malloni/ANSA)

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