Inchiesta falsi prosciutti San Daniele Dop, 103 indagati

Un addetto ad uno stand di prosciutti al Salone internazionale del Gusto e Terra Madre.
Un addetto ad uno stand di prosciutti al Salone internazionale del Gusto e Terra Madre. ANSA/ALESSANDRO DI MARCO

PORDENONE. – Allevatori, veterinari, addetti del macello di Aviano, ispettori del Consorzio di tutela, prosciuttifici. C’è l’intera filiera produttivo-commerciale che ruota intorno al redditizio business del prosciutti di San Daniele Dop, tra i 103 indagati dalla Procura nell’ambito di una inchiesta sulla vendita di prosciutti – di buona qualità – venduti però come Dop ma senza averne i rigorosi requisiti, come previsto da relativo Disciplinare. Una truffa cominciata una decina di anni fa, proseguita nonostante varie segnalazioni, e che ha portato all’emissione di decreti di sequestro per 270 mila prosciutti, il cui valore di mercato è di 27 milioni euro.

La Procura ha chiuso le indagini preliminari ipotizzando una associazione per delinquere finalizzata alla frode in commercio di prodotti agroalimentari con denominazione di origine protetta, alla contraffazione della Dop “Prosciutto di San Daniele”.

Numerosi i reati contestati a 103 indagati – 62 persone, 25 imprese e 16 posizioni stralciate ad altra procure – accusati anche di truffe per ottenere un contributo previsto dal piano di sviluppo rurale della Comunità europea di 400 mila euro, e per incassare ulteriori contributo per 520 mila euro. A questi si associano inoltre reati di natura fiscale e ambientale e falso in atto pubblico.

Quei 270 mila prosciutti per i quali dall’avvio delle indagini è stato chiesto il sequestro corrispondono al 10 per cento della produzione annuale del prosciutto di San Daniele. La maggior parte dei prosciutti da sequestrare all’atto dell’esecuzione dei provvedimenti cautelari era già stata commercializzata, quindi ne sono stati materialmente sequestrati 80 mila, ancora in fase di stagionatura. I provvedimenti di sequestro sono stati revocati soltanto dopo l’eliminazione dei marchi identificativi della Dop.

L’omissione di controllo da parte dei due organi preposti ha già avuto anche un’altra sanzione: il Ministero delle Politiche agricole nel maggio scorso ha emesso provvedimenti di sospensione irrogando multe per centomila euro. Le condotte contestate riguardano anche la commercializzazione di carne di suino con la certificazione di qualità regionale “Aqua”.

Insomma, una inchiesta impegnativa che si chiude dopo aver effettuato intercettazioni telematiche e ambientali, analizzato campioni di sangue e di prosciutti, escusso 180 persone informate sui fatti e aver raccolto le confessioni di altre dieci. Il processo giudicherà eventuali responsabilità, intanto l’inchiesta smaschera un business troppo facile che non mette a repentaglio la salute – come tanti altri casi che iniziative giudiziarie hanno scoperto – ma lucrava su una declamata qualità sopraffina che invece tale non era.

Se la qualità ha un prezzo, il Disciplinare del Dop è scolpito nella roccia: non ammette la genetica Duroc danese o l’alimentazione con scarti della produzione industriale di pane, pasta, pizza, industria dolciaria, e gli animali possono essere abbattuti soltanto a una certa età.

(di Francesco De Filippo/ANSA)

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