Bce: in Italia e Spagna redditi e consumi al palo

Persone, fotografate di spalle, con in mano borse degli acquisti.
Persone, fotografate di spalle, con in mano borse degli acquisti..

ROMA. – La pausa della Banca centrale europea prima della ripresa dei lavori a settembre avviene all’insegna del bel tempo sul fronte economico, con crescita e inflazione che hanno consentito di annunciare la fine del quantitative easing. Ma restano alcuni punti deboli e uno di questi sono i consumi, rimasti particolarmente deboli in Italia e Spagna al pari dei redditi reali, specie del lavoro dipendente.

E’ il quadro che emerge dal bollettino economico, che conferma il calendario di marcia – riduzione degli acquisti di titoli a 15 miliardi di euro al mese fra ottobre e dicembre e stop a gennaio, tassi in rialzo dopo l’estate 2019. COn una ripresa che prosegue, anche se un po’ più debole a causa dei venti protezionistici che soffiano su scala globale. E un’inflazione ormai al 2%, il ‘target’ di Francoforte, che attesta il successo del ‘Qe’. Con ampie differenze, tuttavia. In Italia l’inflazione non ha superato l’1,5%.

La Bce considera le dinamiche salariali una variabile importante nel segnalare l’andamento futuro dell’inflazione, e probabilmente non è un caso che torni sulla nota dolente di un meccanismo salari-redditi-consumi che ancora non è tornato a regime. “I consumi in Italia e in Spagna non hanno ancora evidenziato una completa ripresa”, anche se seno tornati a crescere dal 2013 in avanti. Al contrario in Germania e Francia sono di circa il 10% più alti rispetto al periodo pre-crisi, si legge nel documento dell’Eurotower.

Un andamento che la Bce mette in relazione con quello dei redditi da lavoro dipendente che, sempre in Italia e Spagna, sono rimasti “significativamente inferiori rispetto a prima della crisi”, con l’aggravante di una elevata insicurezza dei percettori di redditi da lavoro poco qualificato. Pesano, certo, gli effetti della “moderazione salariale indotta dalla crisi e della disoccupazione rimasta su livelli elevati”, ma c’entra anche l’effetto-ricchezza che in Italia è da sempre legato alla casa.

Se in Spagna la ricchezza immobiliare è precipitata del 30% durante la crisi, ora è in ripresa. In Italia invece “è diminuita gradualmente” con un trend che continua tuttora. Un ‘effetto ricchezza’ che si è via via sgonfiato intaccando i consumi, unito al fatto che in Italia il calo dei redditi da interessi (indotto dal calo dei tassi Bce) “è stato molto più ingente” che in altri Paesi, perché “le famiglie italiane detengono una quantità relativamente ampia di attività fruttifere di interessi e sono relativamente meno indebitate”.

Considerazioni che fanno dire all’Unione nazionale consumatori che un aumento dell’iva (chiesto da gran parte delle istituzioni internazionali affiancandolo a un taglio delle tasse sul lavoro) sarebbe “un suicidio”. E che fanno esultare COnfedilizia: “alla buonora! Confedilizia lo sostiene da anni”, ora occorre mettere in cantiere un segnale per l’immobiliare è indispensabile”.

(di Domenico Conti/ANSA)

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