In Zimbabwe scontri e morti, la rabbia nel dopo voto

Una persona, sospettata di protestare, viene inseguita dai militari in Zimbabwe
Una persona, sospettata di protestare, viene inseguita dai militari in Zimbabwe, il giorno dopo le elezioni. EPA/YESHIEL PANCHIA

ROMA. – Lo Zimbabwe si avvia a confermare il successore di Robert Mugabe nelle prime elezioni del dopo-Mugabe e nella capitale Harare scoppia la rabbia con l’opposizione in piazza e l’esercito che usa il pugno duro, spara e lascia almeno tre morti a terra. Mentre la commissione elettorale ritarda la pubblicazione dei risultati ufficiali del voto di lunedì lasciando adito al timore di brogli e gli osservatori Ue nutrono dubbi, la tensione è salita alle stelle e alla fine di una giornata difficilissima è scattato anche il divieto di qualsiasi assembramento.

Le strade della capitale sono state invase dalla folla dopo che la commissione elettorale in mattinata ha fatto sapere che, anche se i risultati non sono ancora definitivi, la vittoria nel voto di due giorni fa è andato al partito uscente di governo, lo Zanu-Pf: avrebbe conquistato 122 seggi sui 210 che compongono l’Assemblea nazionale mentre solo 53 andrebbero al principale partito d’opposizione, il Movimento per il cambiamento democratico (Mdc).

Lo Zanu-Pf è il partito con cui l’oggi 94enne ex uomo forte Mugabe ha governato il Paese per quasi 38 anni, prima di farsi da parte lo scorso novembre, cedendo il potere al suo vice, Emmerson Mnangagwa, 75 anni. L’opposizione all’ex regime, che contava sul giovane candidato dell’Mdc Nelson Chamisa, avvocato e pastore protestante di appena 40 anni, aizzata dai proclami dei suoi leader, ha iniziato subito un confronto con la polizia davanti alla sede della commissione elettorale, affrontando i cannoni ad acqua e i lacrimogeni. Ma con il passare delle ore e il ritardo della pubblicazione dei dati ufficiali la tensione è salita ancora.

La commissione elettorale ha fatto sapere che i risultati “li conosciamo”, ma che devono essere prima controllati dai rappresentanti di lista di tutti i 23 candidati in lizza (di cui 4 donne). Saranno resi noto “prima o poi giovedì”. “Più continua l’attesa, più crescono i dubbi nella gente sull’attendibilità dei risultati”, ha dichiarato Elmar Brok, il capo della missione di osservatori dell’Unione europea.

Osservatori che, pur constatando uno svolgimento ‘pacifico’ del voto – già di per sé una rottura col passato -, non hanno promosso appieno queste cruciali elezioni: i concorrenti non hanno potuto giocare in condizioni paritarie e ci sono state – hanno rilevato – intimidazioni ai danni degli elettori, un uso distorto dei corpi statali, media faziosi. “Ora speriamo almeno in un conteggio trasparente”, ha proseguito Brok, che, insieme agli osservatori americani, ha sollecitato una rapida ufficializzazione dell’esito elettorale.

Ma la rabbia di ora in ora è montata fra i sostenitori di Chamisa, che si sono sentiti beffati in una tornata elettorale che ha richiamato oltre il 70% dei cinque milioni di elettori alle urne. Per loro era il primo voto della storia dello Zimbabwe che prometteva di voltare pagina, di riportare credibilità e legalità, di ottenere la fine delle sanzioni internazionali e di dare quindi un po’ di ossigeno all’economia disastrata, alla povertà e la corruzione. Di cambiare dopo l’era Mugabe.

Nel pomeriggio, con l’aumentare della tensione, la polizia ha ceduto la strada ai militari armati, che hanno sparato proiettili veri per disperdere la folla infuriata. Uccidendo almeno tre persone in un clima di guerriglia lungo le strade di Harare dove, per ore, si è sentito sparare, con i soldati a presidiare gli incroci, un elicottero in volo costante, le autoblindo con le sirene spiegate.

L’ambasciata Usa ha espresso la sua ‘profonda preoccupazione” per l’escalation della tensione mentre il presidente uscente Mnangagwa ha accusato l’opposizione per le violenza, lanciando un appello alla calma, mettendo in guardia dalle “dichiarazioni provocatorie”. La tensione, con la sera, ha ceduto il passo a una calma inquieta.

(di Fabio Govoni/ANSA)