POMPEI (NAPOLI). – L’antica Stabia per la prima volta dignitosamente rappresentata in un contesto archeologico di rilievo: è quanto si propone di realizzare la mostra “Alla ricerca di Stabia”, che fino al 31 gennaio 2019 sarà aperta al pubblico dei visitatori dell’Antiquarium, nel parco archeologico di Pompei. Il taglio del nastro del direttore generale della Soprintendenza archeologica di Pompei, Massimo Osanna, è stato accompagnato dall’annuncio dell’imminente concessione d’uso della Reggia di Quisisana alla Soprintendenza per allestirvi un Museo dedicato a Stabiae e un centro di ricerca sull’area che, ha spiegato Osanna, “è considerato di grande interesse”.
”Questa mostra porta luce su un luogo troppo a lungo dimenticato che è l’antiquarium Stabiano – ha spiegato Osanna – che è stato un luogo glorioso negli anni Sessanta per i materiali straordinari che conteneva, poi chiuso per problemi di agibilità dell’edificio. E fino adesso è stato il contenitore inadeguato di materiale non più fruibile da parte del pubblico”.
Conclusa l’emergenza Pompei, per la Soprintendenza diretta da Osanna si apre una nuova fase che dedicherà attenzione ai cosiddetti ”siti archeologici minori”, anche se Stabia non è considerata affatto minore. ”La mostra ‘Alla Ricerca di Stabia’ è divisa in due aree. Una espone i ritrovamenti della Necropoli di Madonna delle Grazie e l’altra quelli del “santuario in località Privati”.
Si tratta di materiale d’epoca pre-romanica, ”quando – ha spiegato Osanna – la Campania è un mondo di grande apertura e contatti interculturali. Gli italici sono aperti a comunità Etrusche, città Greche, un mondo fatto di mobilità, migrazioni, contatti e cultura. Si sta creando una cultura nuova con tanti stimoli recepiti da aree culturali diverse. E’ quanto raccontano i corredi femminili e maschili provenienti da queste tombe. Con ceramiche locali e ceramiche di produzione etrusche, materiali greci che vengono da Corinto o dall’Africa”.
”Della storia di Stabia non sappiamo nulla – ha aggiunto Osanna – per questo abbiamo attivato un gruppo di ricerca con l’Università di Salerno, l’Università di Napoli Federico II, l’Università di Bologna e la Colombia University, inoltre con Roma per un programma di ricerca a tappeto su tutto il territorio di Stabia, per indagare questo insediamento, per capire la sua nascita e il suo sviluppo e arrivare a una conoscenza da aprire alla comunità del territorio e ai visitatori. Abbiamo iniziato la ricerca con questa mostra, anche se, in genere, una mostra si fa a fine ricerca, ma nel nostro caso lo abbiamo fatto per stabilire al momento a che stato siamo”.
Di grande interesse, quanto poco conosciuto, il luogo di culto in località Privati che documenta un aspetto inedito della storia di Stabiae e cioè la presenza di un santuario extra-urbano nella seconda metà del IV sec. a.C. Il deposito votivo, su una terrazza dei Monti Lattari digradante panoramicamente verso il golfo di Stabiae, segnava anticamente il confine meridionale del territorio stabiano, in una strategica posizione di controllo del percorso che collegava la valle del Sarno e l’area sorrentino-amalfitana.
Tante offerte votive ed ex voto, anche con ossa animali, segnalano il forte legame della divinità con la sfera femminile e inseriscono il santuario in una rete di luoghi di culto che costellavano la Penisola sorrentina, dal tempio dorico di Pompei all’Athenaion di Punta della Campanella.