Nicaragua senza pace

Ondata di protesta con bandiere bianco-azzurre
Ondata di protesta contro Daniel Ortega. EPA/JORGE TORRES

MANAGUA. – Da più di tre mesi ormai, il Nicaragua è sconvolto da manifestazioni, barricate, scontri con polizia e paramilitari, con un saldo di circa 400 morti, in maggioranza giovani e giovanissimi, più di duemila feriti e centinaia di prigionieri politici che più volte hanno denunciato torture e maltrattamenti.

Il paese centroamericano che ha già conosciuto l’amaro giogo di una delle dittature più crudeli del secolo scorso, quella instaurata da Somoza, reclama una volta ancora maggiore democrazia, libertà e trasparenza da parte di un governo accusato di essere tra i più corrotti della regione.

Oggi sono scesi in strada, muniti di pietre e altre armi artigianali, i figli e nipoti di quei rivoluzionari sandinisti che riuscirono a deporre Somoza, ma, ironia della sorte, questa volta lottano contro uno dei protagonisti di quella eroica rivoluzione, Daniel Ortega, Presidente eletto per la quarta volta nonostante le accuse di brogli da parte dell’opposizione.

In un paese dilaniato da quella che ormai sta diventando una guerra civile, da un lato troviamo la famiglia Ortega che ha praticamente sequestrato il Congresso, le altre istituzioni statali e la comunicazione, e dall’altra organizzazioni civili, studenti, intellettuali, ex sandinisti come il celebre scrittore Sergio Ramirez.

Disposto a tutto pur di non perdere il potere, Ortega ha lasciato mano libera ai paramilitari che aggrediscono con le armi i manifestanti e che, nei giorni scorsi, sono entrati nell’Università Nazionale Autonoma di Managua (UNAN) e nella città di Masaya bastione di resistenza grazie alla risolutezza dei contadini.

Offrendo un’apertura al dialogo Daniel Ortega aveva accettato la mediazione della Chiesa che ha riunito in un unico gruppo denominato “Alianza Cívica” diversi settori della società civile, dalle femministe ai sindacalisti, dagli accademici ai contadini. Una mossa che non è piaciuta né a Daniel Ortega né alla vicepresidente, la moglie Rosario Murillo, denominata “la strega”. Il tavolo dei negoziati è praticamente saltato ma sono rimaste le denunce, durissime, che ha sollevato a livello internazionale la Conferenza Episcopale del Nicaragua che Ortega ha accusato di golpismo chiedendone l’esclusione dal dialogo. Troppo tardi.

Intanto la pressione internazionale diventa sempre più forte. Lo stesso segretario generale delle Nazioni Unite ha chiesto al governo Ortega di bloccare la repressione. Esortazione che hanno fatto propria anche gli Stati Uniti e altri 12 paesi dell’America Latina. La OSA ha approvato una risoluzione con la quale chiede che siano anticipate le elezioni presidenziali e gli ex Capi di Stato e di Governo riuniti nella “Iniciativa Democrática de España y las Américas (IDEA), hanno emesso una dichiarazione per denunciare “le violazioni gravi, sistematiche  e generalizzate dei diritti umani”.

 

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