Tour: Thomas re sull’Alpe d’Huez, moto fa cadere Nibali

Il gesto di gioia di Geraint Thomas sull'arrivo della tappa all'Alpe d'Huez
Geraint Thomas sull'arrivo della tappa all'Alpe d'Huez. EPA/YOAN VALAT

ROMA. – Sulla mitica Alpe d’Huez c’è chi trionfa (Geraint Thomas), chi resiste (Chris Froome) e chi impreca (Vincenzo Nibali). E’ la sintesi dell’incredibile 12ma frazione del Tour de France, tappa-icona della 105ma Grand Boucle con l’arrivo sulla mitica Alpe d’Huez che chiude il terribile trittico alpino con una certezza in più (il gallese portacolori del Team Sky che bissa il successo di ieri a La Rosiere e rafforza la leadership in classifica) e anche tanta sfortuna.

E’ quella capitata a Vincenzo Nibali che paga con una caduta l’incredibile leggerezza dell’organizzazione che, sul tratto più difficile e impegnativo della salita, non ha tenuto a debito freno l’euforia dei tanti tifosi che assiepavano il bordo strada e, complice anche lo sfortunato incastro di sostenitori, fumogeni e moto della Gendarmerie, ha creato scompiglio tra i corridori, facendo pagare il pegno più altro al portacolori della Merida Bahrain, prima col sedere per terra e poi al traguardo con un ritardo 13″ (oltre l’abbuono accumulato da Thomas, Dumoulin e Bardet, rispettivamente primo, secondo e terzo nella terribile tappa alpina).

“In mezzo c’erano due moto della polizia, c’è stato un rallentamento e sono andato giù, non ho capito bene cosa sia successo”, ricostruirà il siciliano a fine corsa a Rai Sport, ma senza polemiche. Da registrare però il fair play di Chris Froome che, una volta resosi conto della caduta dello ‘squalo’ si è mostrato un grande signore, favorendo il rientro dell’italiano, anche se Bardet prima e Dumoulin poi hanno ‘rotto’ il patto e cercato di approfittarne.

Alla fine hanno però guadagnato solo una manciata di secondi di abbuono, abbattuti in volata dal gallese. Giornata da dimenticare invece per Yates, Fuglsang, Daniel Martin, Zakarin e, soprattutto, per Nairo Quintana arrivato sul traguardo con un ritardo di 47″ e ancora una volta protagonista mancato.

Che la 12ma tappa del Tour, con il secondo dei tre arrivi in salita, il più iconico visto il mito che accompagna la storia dell’Alpe d’Huez, fosse una tappa dura e difficilissima lo si sapeva (con ben 71 km sui complessivi 175,5 in salita, un dislivello di 5.000 metri e lo strappo finale di 13,8 k con pendenza media dell’8,1% e punte dell’11,5%) e la cronaca lo ha confermato con ritiri a ripetizione (Gaviria, Greipel, Gallopin, Groenewegen, Zabel) dopo quello, prima della partenza, di Rigoberto Uran, che non si è ripreso dalla rovinosa caduta di domenica sul pavè e che ieri gli aveva fatto accumulare mezzo’ora di distacco.

La tappa è stata animata dalla lunghissima fuga dell’olandese Stefan Kruijswijk (ieri 6/o in classifica a 2’40”) che ha pedalato per molti chilometri con la maglia gialla virtuale addosso (ha guadagnato fino a 6′ di vantaggio) e ripreso proprio a ridosso del traguardo.

Dopo le fatiche di tre durissime tappe alpine, i corridori potranno adesso recuperare le energie: domani è in programma la 13ma tappa da Bourg d’Oisans e Valence di 169 km, classica frazione di trasferimento, con un percorso quasi totalmente pianeggiante. Spazio ai velocisti, o almeno a quei pochi rimasti in gara.

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