Rifiuta nozze combinate, pakistana sotto protezione

Nella foto una ragazza pakistana con il volto semicoperto accompagnata da una parente e dal console pakistano a Milano.
Il caso analogo della ragazza pakistana di 19 anni (D). Nella foto d'archivio torna a scuola a Brescia, il 18 aprile 2011, accompagnata da una parente (S) e dal console pakistano di Milano Seyed Mohammed Farook (C). ANSA/FILIPPO VENEZIA

BRESCIA. – Diciotto anni compiuti da poco e il coraggio di scappare da un padre che voleva per lei un matrimonio combinato. Un padre che, come era successo anche ad altre coetanee di una giovane pakistana, non accettava lo stile di vita occidentale della figlia. Un rifiuto che arrivava fino alla violenza. Come ricordano le storie di Farah, la studentessa residente a Verona segregata e costretta a interrompere la gravidanza dai genitori, e quella di Sana uccisa perchè aveva detto no ad un matrimonio che non voleva.

E adesso arriva dalla provincia di Brescia la vicenda di una ragazza di origini pakistane neo maggiorenne messa sotto protezione dalla Questura del capoluogo nei giorni scorsi e ora ospite di una struttura dopo essere stata tolta alla famiglia. Gli agenti della Divisione anticrimine hanno raccolto la segnalazioni di alcune associazioni e poi la testimonianza diretta della giovane ora allontanata dai possibili pericoli. E dal rischio di finire in patria, convinta con un tranello durante queste vacanze estive, per poi arrivare alle nozze obbligate.

Lei si sarebbe sempre opposta e dopo aver conseguito nei giorni scorsi la maturità ha trovato la forza di raccontare dei presunti maltrattamenti fisici e psicologici subiti dal genitore sul quale ora indaga la Procura che ha aperto un’inchiesta senza al momento prendere alcun provvedimento nei confronti del padre della 18enne. L’uomo – stando al racconto della figlia – non accettava il suo stile di vita occidentale e sarebbe arrivato anche a chiuderla in casa decidendo lui come quando e con chi poteva uscire.

Si era confidata con alcune amiche, poi con alcune associazioni e infine con la polizia che ha deciso di inserirla in un progetto di protezione. Massimo riserbo al momento da parte degli inquirenti che, soprattutto in questa fase, vogliono tutelare la giovane pakistana per impedire che i genitori nel tentativo di riportarla a casa possano individuare la struttura dove è stata collocata.

Una vicenda registrata a pochi mesi dal caso di Sana Cheema, la 25 enne cittadina italiana, cresciuta a Brescia dove per anni ha gestito anche un’attività di pratiche automobilistiche, convinta a tornare in Pakistan dove è stata uccisa dal padre e da un fratello lo scorso aprile. Strangolata un giorno prima di salire sull’aereo che avrebbe dovuto riportarla in Italia perché si era ribellata al matrimonio combinato.

“Non possiamo accettare che a Sana venga imposto un matrimonio combinato imponendogli di lasciare il ragazzo bresciano che amava, arrivando a ucciderla per questo, che a Farah venga imposto di abortire perché aspetta un figlio da un italiano, e che a questa 18enne bresciana venga imposto un matrimonio combinato. Questa è l’integrazione?”, si chiede Paolo Grimoldi, deputato della Lega e segretario della Lega Lombarda.

(di Andrea Cittadini/ANSA)