Il Messico vira a sinistra, trionfa López Obrador

Andrés Manuel López Obrador festeggia l'elezione a presidente del Messico.
Il vincitore delle elezioni presidenziali messicane, Andrés Manuel López Obrador

CITTA’ DEL MESSICO. – “Un governo del popolo, per il popolo e con il popolo”. E’ la promessa con cui il vincitore delle elezioni presidenziali messicane, Andrés Manuel López Obrador, si è rivolto alle migliaia di sostenitori che lo hanno atteso nella storica piazza dello Zócalo per ascoltarlo lanciare il tradizionale ‘Grito’, pronunciato qui per la prima volta 210 anni fa per l’indipendenza nazionale e tradizionalmente ripetuto dai protagonisti di grandi imprese politiche.

E quello di Amlo, come è stato ribattezzato per l’acronimo del suo nome, è stato un successo davvero storico, di dimensioni tali da rendere possibile la quarta grande trasformazione da lui promessa in campagna elettorale per il Messico, dopo l’indipendenza, la Riforma e la rivoluzione.

Gli analisti osservano come il 53,8% dei voti ottenuti secondo il ‘conteggio rapido’ del governo e la maggioranza assoluta nei due rami del Parlamento gli forniscano l’arma di cui aveva bisogno per demolire definitivamente il sistema dei partiti tradizionali ed avviare la battaglia contro le due grandi piaghe che affliggono la società messicana: corruzione e violenza.

Per riuscire nella difficile sfida a beneficio delle fasce più povere della popolazione, Amlo si è rivolto ai suoi avversari invitandoli alla “riconciliazione nazionale”, anche “mettendo da parte le divergenze” per “far progredire il nostro Paese”. Al suo terzo tentativo di assicurarsi la massima carica del Paese, López Obrador ce l’ha fatta e sarà ricordato, a prescindere dai futuri risultati, come la personalità che ha guidato il primo governo di sinistra nella storia del Messico.

Il presidente Usa Donald Trump è stato il primo fra i leader stranieri a rallegrarsi per il successo del candidato del movimento di centro-sinistra Morena. In un tweet ha assicurato di essere “ansiosissimo di poter lavorare con lui. C’è molto che può essere fatto per fare il bene di Stati Uniti e Messico!”. E il neo eletto presidente ha risposto subito sostenendo che “le relazioni fra i due grandi Paesi vicini dovranno svilupparsi in un clima di reciproco rispetto e parità di condizioni”.

Ricordando, in un’intervista alla tv Televisa, che “sul territorio degli Stati Uniti vivono 12 milioni di messicani”. L’instaurazione di un clima positivo sarà fondamentale perché sul tavolo di un futuro negoziato bilaterale vi sono temi spinosi come appunto gli immigrati, con il problema del muro voluto da Trump, e la riforma dell’Area di libero commercio del Nord America (Nafta), che il tycoon considera svantaggiosa per gli Usa.

Da settimane si percepiva che l’ascesa di Amlo era irrefrenabile e che non c’erano più ostacoli alla sua vittoria, anche se gli analisti avevano mantenuto il condizionale per i colpi di scena spesso avvenuti in Messico dopo le elezioni. Ma stavolta non ci sono stati e a nulla sono valse le accuse ad Amlo di essere “il Chávez messicano” ed un “pericoloso populista”.

Il suo successo è stato subito chiaro, portando i principali sfidanti – Ricardo Anaya (Pan-Prd) e José Antonio Meade (Pri) – a concedere la vittoria ancor prima che l’Istituto nazionale elettorale (Ine) fornisse i risultati. Il compito che attende ora Amlo non è dei più facili.

Ma il suo successo potrebbe generare un vento nuovo nel continente latinoamericano, dove negli ultimi anni si sono imposti governi conservatori in Argentina, Brasile, Colombia ed Ecuador. La prima verifica di questo sarà il voto presidenziale del 7 ottobre in Brasile dove, pur in carcere con l’accusa di corruzione, l’ex presidente Inacio Lula da Silva mantiene un grande consenso popolare.

(di Maurizio Salvi/ANSA)

Lascia un commento