Baby gang: contrasto e prevenzione, via intesa interforze

Baby gang: gruppo di ragazzi di spalle nella penombra
Gruppo di ragazzi di spalle nella penombra

NAPOLI. – Organizzare in maniera razionale e sinergica il contrasto al fenomeno delle bande giovanili violente, costruendo un modello di analisi, coordinamento e di impiego delle nuove tecnologie sul web: il contrasto alle cosiddette baby gang ha una nuova ed efficace arma, frutto di una cooperazione tra Polizia di Stato, Carabinieri, Procura della Repubblica e Procura dei Minorenni di Napoli, Direzione Distrettuale Antimafia partenopea e Direzione Centrale Anticrimine della Polizia di Stato, con il Servizio Centrale Operativo.

Il nuovo modello organizzativo e di indagine, che tiene in grande considerazione anche la prevenzione, verrà introdotto prima a Napoli e poi anche in altre realtà del territorio italiano dove questa tipologia di fenomeno è presente.

“La gravità di alcuni episodi, la loro reiterazione, l’allarme sociale che ne è derivato, impongono uno sforzo di riflessione, analisi ed elaborazione al quale sono chiamati la magistratura inquirente ma anche e soprattutto le forze di polizia”, ha detto il procuratore di Napoli Giovanni Melillo, durante una conferenza stampa.

Il nuovo approccio investigativo terrà in grande considerazione l’analisi dei social, piattaforma largamente adoperata dalle bande criminali giovanili, su cui si palesano segnali precursori che possono essere intercettati e utilizzati per prevenire eventi delittuosi come quelli che a Napoli hanno visto minorenni e adulti, vittime di aggressioni sfociate anche in omicidi per futili motivi e violenze sessuali.

Per il capo della Procura dei Minorenni di Napoli, Maria de Luzenberger, il nuovo modello investigativo sarà “un punto di riferimento finalizzato anche a migliorare la prevenzione, agendo sulle famiglie e sui parenti degli indagati, al fine di evitare che il fenomeno delittuoso si possa ripresentare”.

Della rete di contrasto e prevenzione faranno parte speciali gruppi della Squadra Mobile della Questura partenopea, del Nucleo Investigativo del comando provinciale dei carabinieri di Napoli e anche strutture centrali come la Direzione Centrale Anticrimine e lo Sco le quali, come ha spiegato il prefetto Vittorio Rizzi, contribuiranno grazie all’apporto di psicologi, la cui introduzione nei reparti è in corso.

Saranno usati anche speciali software, realizzati ‘ad hoc'”, ha aggiunto Rizzi. Ma il nuovo modello di contrasto alle cosiddette baby gang ha una genesi partenopea: nasce da un’intuizione del procuratore della Repubblica Melillo e del capo della Procura dei Minorenni de Luzenberger.

Finora la risposta delle forze dell’ordine a eventi di carattere delittuoso generati dalle bande criminali giovanili è stata efficiente e, secondo il questore di Napoli, Antonio De Iesu, con questo nuovo modello, in futuro lo sarà ancora di più: “Si tratta di un’innovativa metodologia di analisi e investigazione che ci consentirà di avere un quadro, anche preventivo, sulle devianza giovanili”.

Della stessa opinione anche il comandante provinciale dei carabinieri di Napoli, colonnello Ubaldo Del Monaco, secondo il quale la collaborazione tra forze di polizia rappresenta “un salto di qualità” perché “la criminalità si presenta in forme sempre più agguerrite e la collaborazione è una risposta efficace”.

Determinante sarà anche l’apporto della Direzione Distrettuale Antimafia: le baby-gang, ha detto il procuratore aggiunto di Napoli Giuseppe Borrelli, “richiamano una capacità di intimidazione che è propria delle organizzazioni mafiose. In una realtà criminale complessa come quella di Napoli un fenomeno come quello delle bande giovanili violente non può essere esaminato in maniera avulsa da quelle che sono le dinamiche criminali radicate sul territorio”.

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