Killer confessa: “Ho ucciso il senegalese per pochi spiccioli”

I carabinieri accanto al corpo, ricoperto da un telo, di Assane Diallo
I carabinieri accanto al corpo, ricoperto da un telo, di Assane Diallo, senegalese trovato ucciso in via delle Querce a Corsico, nel Milanese. ANSA/ DANIELE BENNATI

MILANO. – Un’esecuzione spietata, di fronte a una richiesta esigua di denaro: cinque euro. E’ stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso per Fabrizio Butà, 47 anni, il killer di Assane Diallo, il buttafuori senegalese freddato sabato notte a Corsico, nel milanese con dieci colpi di pistola, sei dei quali in faccia. “Non mi pento di quello che ho fatto perché Assane mi ha sfidato”, ha detto il reo confesso durante l’interrogatorio nella caserma dei carabinieri di Corsico che hanno risolto il caso in meno di 24 ore.

Un uomo “spietato e impulsivo” è descritto Butà che aveva già scontato anni di carcere per aver ammazzato un uomo, nel ’98 a Milano, con un fucile a canne mozze. Il killer era spazientito dalle continue richieste di denaro, seppur minime, che Diallo avanzava a lui e alla fidanzata, Michela Falcetta, 36 anni. I tre erano amici e si trovavano spesso nello stesso bar a Corsico a bere, discutendo anche di “politica, cultura ed economia”, ha raccontato a verbale Butà.

L’ultima richiesta di denaro è stata troppo irrispettosa: “Mi ha fischiato per chiedermi cinque euro”, ha riferito ai carabinieri. Tanto irrispettosa che la questione doveva essere risolta “da uomini”. “Procurati una pistola – ha detto a Diallo fissando, un incontro -. Io ce l’ho e scendo a cercarti”. Un appuntamento finito in tragedia, al termine del quale Butà ha scaricato addosso al senegalese quasi tutti i colpi della sua Beretta calibro nove con matricola abrasa.

A quell’incontro “tra uomini” era presente anche la Falcetta, che ha tentato di fermare il fidanzato ma è stata spinta a terra e fatta allontanare. Nelle ore successive l’omicidio, Butà – che ha dormito con la compagna in un parco della zona – si è sentito braccato e ha deciso di confessare.

Prima di presentarsi in caserma insieme alla ex moglie (con cui è ancora in buoni rapporti) aveva visto le forze dell’ordine e i vigili del fuoco nei pressi dell’abitazione dove viveva con la nuova compagna e i genitori e aveva saputo che nella perquisizione era stata trovata la pistola.

Butà è ora accusato di omicidio volontario aggravato da futili motivi; la compagna, invece, di favoreggiamento, concorso in detenzione illegale di armi e possesso di droga. Nella perquisizione della casa dove vive la coppia, oltre all’arma del delitto, sono stati trovati anche proiettili di diverse marche e calibro, 70 grammi di cocaina, bilancini e materiale che serviva per il confezionamento delle dosi.

Ha confessato Butà, ma ha fatto il duro quando gli è stato chiesto da dove provenisse l’arma: “La pistola ce l’ho da un anno, ma non vi dico dove l’ho comprata”. I due, assistiti dall’avvocato Giulia Geradini, saranno interrogati domani dal gip per chiarire i contorni di quella che il pm Cristian Barilli, nel provvedimento di fermo, definisce una “lucida e spietata esecuzione”, assolutamente “sproporzionata” a fronte di una richiesta, per quanto “asfissiante”, di “pochi spiccioli”.

(di Giulia Costetti/ANSA)