Il petrolio sale, dall’Opec atteso compromesso al ribasso

Un operaio addetto alla manutenzione di un impianto petrolifero.
Greggio giù del 20% dai massimi di ottobre, pesano decisioni Usa

ROMA. – L’Opec si riunisce, ma dal vertice del cartello petrolifero emergerà probabilmente un modesto aumento della produzione. E così i prezzi petroliferi mettono le ali, visto che l’aumento che si delinea, di appena 600.000 barili al giorno, è ben inferiore agli 1,5 milioni che si aspettavano i mercati.

Secondo indiscrezioni raccolte dalla Bloomberg il rialzo della produzione, dopo mesi di negoziati con molti paesi che desiderano produrre di più per fare fronte all’invasione dello ‘shale oil’ americano e mantenere quote di mercato, si fermerebbe a non più di 300.000-600.000 barili.

Era il desiderio della Russia, paese che non fa parte del cartello ma con cui l’Opec sta cercando di stringere sempre più i rapporti: Alexander Novak, ministro dell’Energia, avrebbe voluto un rialzo di 1,5 milioni nel terzo trimestre, secondo l’agenzia Itar Tass.

Nel frattempo l’Opec rimane sotto il tiro del presidente Usa Donald Trump, che lo accusa di gonfiare artificialmente i prezzi. Sul fronte opposto stanno Iran e Venezuela: il primo alle prese con le sanzioni, il secondo con la capacità produttiva collassata, hanno tutto l’interesse a mantenere i tagli all’output del cartello dei principali Paesi produttori, decisi a fine 2016 per sostenere i prezzi e poi prolungati.

Se Tehran ha detto domenica di essere opposta a qualsiasi rialzo delle attuali quote di produzione, diversi altri paesi – come gli Emirati Arabi Uniti per bocca del ministro dell’energia Suhail Al Mazrouei, si sono mostrati ottimisti sulla possibilità di un compromesso. E’ quello su cui ragionano i mercati, ridimensionando le attese di un rialzo più corposo con la conseguenza che i prezzi vanno al galoppo: +1% per il greggio Nymex scambiato al mercato Wti a New York, +2,18% per il Brent a Londra.

Gioca al rialzo anche uno studio di Goldman Sachs secondo cui il petrolio toccherà gli 80 dollari al barile nei prossimi mesi, nonostante i timori su un aumento della produzione dell’Opec e su una escalation di una guerra commerciale che indebolirebbe la domanda. Goldman prevede un “ulteriore calo delle scorte e prezzi più alti per il petrolio nella seconda metà dell’anno”, con il Brent che dovrebbe salire a 82,50 dollari al barile durante l’estate.

Occhi puntati sulla riunione di Vienna, dunque, da cui potrebbe anche emergere una piccola svolta diplomatica, un’intesa di cooperazione permanente fra il cartello e la Russia, che collabora con l’Arabia saudita, suo tradizionale rivale nella produzione di petrolio e nello scacchiere geopolitico, da appena due anni.

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