Di Maio contrattacca: sfida sulla trasparenza dei partiti

Luigi Di Maio durante un incontro con un gruppo di rider.
Il neoministro del Lavoro e dello Sviluppo economico, Luigi Di Maio, durante l'incontro al ministero del Lavoro con un gruppo di riders, i fattorini che in bici fanno consegne a domicilio, Roma, 4 giugno 2018. ANSA/MASSIMO PERCOSSI

ROMA. – Un’immediata operazione trasparenza che obblighi partiti e fondazione a rendere completamente pubblici i loro bilanci. Mentre Davide Casaleggio chiude la convention di Rousseau a Roma eludendo le domande dei giornalisti, il leader politico e vicepremier dei cinque stelle Luigi Di Maio rompe gli indugi e reagisce con questa proposta di riforma all’impasse in cui il movimento è stato trascinato dalla vicenda dello stadio romano.

Una mossa per giocare d’attacco, mostrare che il movimento non ha nulla da nascondere e soprattutto mettere alla prova gli avversari politici che attaccano. Come Matteo Renzi che è tornato a chiedere che il ministro della giustizia Alfonso Bonafede riferisca in Parlamento.

“Vediamo ora chi ci sta, vediamo chi la vota in parlamento”: la legge sulla trasparenza dei partiti è il guanto di sfida lanciato da Di Maio, che ha previsto nella sua proposta norme retroattive per fare la massima chiarezza sui soldi delle formazioni politiche e delle fondazioni.

Ma il Pd boccia subito la sua iniziativa. Dice il preisdente dei Dem Matteo Orfini: “Di Maio vuole nuove norme sulla trasparenza nei partiti. Di Maio. Cioè il capo politico di un movimento che è quanto di meno trasparente esista in Italia. Vuole maggiore trasparenza? Evviva. Inizi a fare chiarezza sui suoi rapporti con Lanzalone. E la smetta di prenderci in giro”.

L’obiettivo del capo dei cinque stelle è quello di mettere mano alla legge sul finanziamento dei partiti approvata nel 2014 dal governo Letta che, regolando il solo finanziamento ai partiti, ha lasciato fuori tutto il capitolo delle donazioni verso i singoli candidati e verso le fondazioni politiche.

Su questo dossier di Maio ha già messo al lavoro i suoi assistenti legislativi , in contatto con i ministri competenti. “Noi non abbiamo paura” è il refrain che rimbalza dallo staff del capo politico che esibisce nomi e numeri delle donazioni emersi fino ad ora: “dimostrano che il M5S non ha preso un centesimo”.

È un modo anche per tranquillizzare le truppe in parlamento, sempre più in allarme per l’inchiesta che sembra annunciare nuovi sviluppi. “Ci sono gli omissis e potrebbero esserci intercettazioni ambientali” è il timore che confidano alcuni.

Tra senatori e deputati monta la protesta e c’è chi arriva anche a minacciare dimissioni nel caso in cui di fronte al’eventuale coinvolgimento di esponenti di spicco del M5s non dovessero essere presi gli opportuni provvedimenti. Il caso, peraltro, si intreccia con i malumori emersi per alcune mancate “promozioni” nella squadra di governo.

C’è chi punta l’indice sull’eccessiva arrendevolezza nei confronti della lega che ha fatto incetta di posti nel sottogoverno rispetto a quanti le sarebbero spettati in base ai voti presi alle elezioni. Si tratta di cinque sottosegretari in più che hanno finito per ingarbugliare le destinazioni dei sottosegretari 5stelle Stefano Buffagni, Lorenzo Fioramonti, Andrea Cioffi, Michele Dell’orco e Carlo Sibilia che si sono ritrovati con incarichi che non rispecchiano le loro competenze .

(di Francesca Chiri/ANSA)

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