Salta la tregua in Nicaragua, altri morti in attacchi

Alcuni manifestanti si riparano dietro un albero
Le proteste anti-governative contro Ortega, represse con la forza. (ANSA/AP Photo/Alfredo Zuniga)

ROMA. – Una tregua subito rotta in Nicaragua dopo che era stato raggiunto un accordo tra governo e opposizione che avrebbe dovuto porre fine a due mesi di scontri che hanno lasciato sul terreno 170 morti, ferite sociali difficili da rimarginare e la credibilità di Daniel Ortega sempre più compromessa.

Almeno sette persone sono state uccise in Nicaragua da presunti gruppi paramilitari leali al presidente Daniel Ortega che hanno gettato molotov contro una casa a Managua che ha preso fuoco: quattro adulti e tre bambini che erano all’interno sono morti. Secondo siti nicaraguensi che citano fonti di polizia almeno altre due persone sono state bruciate vive in strada.

L’accordo, mediato dalla Chiesa cattolica, prevede l’istituzione di una Commissione per la verità e l’ingresso nel Paese centroamericano di osservatori internazionali. Due punti sui quali si misurerà una volontà politica di compromesso tutta da verificare e la capacità di tenuta del governo sandinista.

Ed è sfumata, almeno per ora, la speranza della fine delle violenze e del clima di intimidazione e di paura che dal 19 aprile ha trasformato le piazze e perfino le chiese in campi di battaglia. Tutta da verificare la capacità della Commissione di indagare su “tutti i decessi e gli atti di violenza” e identificare i responsabili dopo le accuse dell’opposizione – ma anche di organizzazioni come Amnesty International – di esecuzioni extragiudiziarie e ricorso a gruppi paramilitari, respinte ripetutamente al mittente da Ortega.

L’altro elemento chiave dell’accordo è l’entrata in Nicaragua degli osservatori: una compagine assortita che va dall’Alto Commissario Onu per i profughi alla Commissione interamericana per i diritti umani fino ai rappresentanti dell’Unione europea. Nel ruolo di garante dell’intero processo la Chiesa cattolica protagonista della mediazione.

Le proteste erano scoppiate il 19 aprile dopo che il governo di Managua aveva annunciato tagli alle pensioni e ai programmi di sicurezza sociale con migliaia di persone nelle strade e un crescendo di repressione le cui responsabilità rimangono da chiarire. Dirigenti sindacali, studenti, attivisti, ‘campesinos’ chiedevano in massa le dimissioni di Ortega e nuove elezioni.

Anche il vescovo ausiliare di Managua, monsignor Silvio Baez Ortega, impegnato nei colloqui per il ‘dialogo nazionale’ tra governo e parti sociali, aveva ricevuto minacce di morte denunciate dalla Conferenza episcopale. Fino a due giorni fa la situazione sembra fuori controllo con uno sciopero nazionale proclamato dall’Alleanza Civica, la coalizione di forze della società civile che si oppone al governo.

Il presidente sandinista è riuscito finora a resistere e quella che si è aperta oggi potrebbe essere la sua ultima occasione di riportare nel Paese almeno la pace sociale.