Aggrediti quasi sette medici su dieci, soprattutto al Sud

Un medico e due infermieri mentre trasportano un malato su una barella.
Un medico e due infermieri mentre trasportano un malato su una barella. (Ansa)

ROMA. – Dal tentativo di strangolamento fino a stupri o vere e proprie spedizioni punitive, ma anche parolacce e insulti. Il 66% dei medici, ovvero quasi 7 su 10, dichiarano di aver subito un’aggressione da parte dei pazienti. Di questi, oltre il 66% è stato aggredito verbalmente, mentre quasi il 34% fisicamente. E’ una sorta di bollettino di guerra quello che emerge da un sondaggio condotto dal sindacato Anaao Assomed.

Le aree più a rischio sono la psichiatria e il pronto soccorso, ma soprattutto il rischio maggiore è nel Mezzogiorno: arriva infatti al 72% nel Sud e nelle Isole il numero di medici che denuncia aggressioni, e sale all’80% tra chi, di loro, lavora nei pronto soccorso. “Il quadro – commenta Costantino Troise, segretario dell’Anaao – è estremamente preoccupante”.

Tante le iniziative per cercare di arginare il fenomeno e, a scendere in campo, è anche la Federazione nazionale degli Ordini dei medici Chirurghi e degli Odontoiatri (Fnomceo), che ha avviato un Tavolo Permanente con i sindacati medici. Nello specifico, secondo l’indagine Anaao condotta da aprile a maggio 2018 su un campione di 1280 iscritti, il 34% delle aggressioni fisiche ha riguardato medici dei reparti di Psichiatria/SERT (il 34%) e il 20% i medici di Pronto soccorso/118, seguono medicina interna (7%), chirurgia generale (4%). Il 23% degli intervistati ha risposto di essere a conoscenza di casi di aggressione da cui è scaturita invalidità permanente o decesso.

Smarrimento, rabbia e solitudine sono i sentimenti più diffusi in chi ne è vittima. Quanto alle cause, i medici le attribuiscono a fattori socio-culturali per il 37%, al definanziamento del Servizio Sanitario per il 23%, a carenze organizzative per il 20%.

Negli ultimi anni, commenta Troise, “abbiamo assistito a un escalation” e “la frustrazione dei pazienti aumenta laddove ci sono più carenze di personale e posti letto”. La politica ha le sue responsabilità, prosegue, ma “i Direttori Generali sono i primi che debbono farsi garanti della sicurezza dei loro dipendenti”. È necessaria, “maggiore consapevolezza del rischio da parte del management aziendale”.

I medici, conclude, “non possono essere lasciati soli a combattere una guerra di cui sono vittime insieme ai pazienti”. Tra le iniziative messe in campo negli ultimi mesi dagli Ordini provinciali dei Medici c’è il sodalizio di Pordenone “Un alpino per amico”, che vede gli alpini scortare le guardie mediche, ma anche i corsi Ecm organizzati dall’Ordine di Udine, i fischietti dati in dotazione ai medici dell’ospedale di San Donà di Piave, nel Veneziano e i corsi di autodifesa organizzati dagli ordini dei medici di Pavia e di Lecco.

Quello che occorre, però, conclude il presidente della Fnomceo, Filippo Anelli, “è un cambiamento culturale. Per questo abbiamo avviato gli Stati generali della professione medica e odontoiatrica”. Tra le iniziative in cantiere, annuncia la Fnomceo, una raccolta di firme a sostegno di una proposta di legge volta a equiparare le aggressioni contro gli operatori sanitari a quelle contro un pubblico ufficiale, con conseguente aumento delle pene e possibilità di procedere d’ufficio.

(di Livia Parisi/ANSA)

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