Mondiali Russia 2018: Eroi del nostro tempo, i trucchi dello zar Putin

Gli spalti di uno stadio russo durante una partita della nazionale.
Gli spalti di uno stadio russo durante una partita della nazionale.

MOSCA. – Sbalordimento. E’ con questo sentimento che apprendo il 2 dicembre 2010 che la Russia ospiterà i Mondiali di calcio 2018. Roba da non credere, al limite del miracoloso, come una zucca che si trasforma in carrozza o una divorziata americana che puf! sposa un principe. O

ra, si sapeva benissimo già nel 2010 che molti dei trucchi di cui è capace quell’uomo che adesso gli italiani chiamano ‘zar’ sono spesso parecchio fumo e niente arrosto, ma questa è diversa, questa è reale, questa è simile alla vittoria di 3 anni prima, quella della selezione della città organizzatrice dei XXII Giochi invernali, quando sembrava che Putin avesse aggiunto il diamante più grande nella cassa dei tesori del suo secondo (allora si pensava ‘l’ultimo’, ingenui noi) mandato.

Qui vi ricordo che siamo ancora in un mondo più semplice, mancano quasi quattro anni alla catastrofe ucraina o alle stesse Olimpiadi, surreale trionfo del presidente-zar. Pensateci: giochi olimpici invernali nell’unica zona subtropicale russa e che poco dopo la loro conclusione si trasformeranno nel peggiore degli incubi vissuti dallo sport russo, per le accuse del massiccio sistema di doping di Stato.

Ma tutto questo non è ancora successo e la Russia, nonostante la pesante crisi del 2008, sta godendo gli ultimi riflessi di uno dei migliori periodi della sua storia postsovietica, anche dal punto di vista calcistico. La nazionale ha appena prodotto il miglior risultato nella storia: un bronzo agli Europei in Austria e Svizzera che ha fatto impazzire commentatori televisivi e soprattutto i cittadini di tutta la Russia, scesi in piazza per festeggiare anche se prima molti di loro forse non avevano mai visto una partita di calcio in vita loro.

Un successo calcistico che si trasforma ai nostri occhi in una vittoria nazionale, il gusto delle quali abbiamo dimenticato nei 20 anni precedenti senza neanche rendercene conto, un successo che stranamente rimane per molte persone della mia generazione – nati nell’Urss ma cresciuti in Russia – uno dei momenti più felici della loro vita pubblica.

Ecco allora un’altra chance di rivivere le belle emozioni di una festa indimenticabile, ora in casa, nonché un clamoroso segno di approvazione straniera per un Paese che nella sua subcoscienza per un motivo o per l’altro è spesso estremamente bisognoso di approvazione occidentale. E qui arriva però quella sensazione di ambiguità che ancora non mi lascia in pace.

Mi spiego: invece di far da vetrina a una Russia nuova e moderna, i Giochi di Sochi, nonostante gli enormi sforzi degli organizzatori, ahimè, hanno lasciato in bocca un gusto amaro. In Russia si suol dire che la prima crespella non è mai liscia – ovvero il primo tentativo non è mai senza difficoltà – e può essere che dal punto di vista organizzativo i Mondiali siano un altro successo.

Ma è difficile che la coppa del mondo, diventata negli ultimi decenni evento più mediatico che altro, riesca a salvare la reputazione della Russia, crollata a causa della sua politica interna ed estera, sempre più stravagante. Per questo 8 anni dopo rimango sbalordito e mi domando se nel Paese dove il calcio è meno popolare che in Scozia e, secondo le statistiche ufficiali, 3mila scuole pubbliche non hanno bagni con il riscaldamento, abbia davvero senso spendere altri 10-12 miliardi di euro per quello che è essenzialmente uno spot pubblicitario di dimensioni universali.

Ma nel profondo del cuore continuo a sperare, allo stesso tempo, di poter rivivere nonostante tutto la gioia di quella notte magica di giugno 2008, quando la nazionale ci rese per un attimo orgogliosi di essere russi.

(di Alexander Sokolov/ANSA)

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