Di Maio a Confcommercio: “Dò la mia parola, l’Iva non aumenterà”

Luigi Di Maio, ministro dello Sviluppo Economico e Lavoro e vice premier, durante l'assemblea annuale di Confcommercio.
Luigi Di Maio, ministro dello Sviluppo Economico e Lavoro e vice premier, durante l'assemblea annuale di Confcommercio, Roma, 7 giugno 2018. ANSA/RICCARDO ANTIMIANI

ROMA. – “Avete la mia parola, l’Iva non sarà aumentata”. Quindi la cancellazione di spesometro e redditometro. E poi: inversione dell’onere della prova per stanare l’evasione fiscale. Pronti a trattare con l’Europa e a “dire anche dei no” Sfodera soprattutto il programma di semplificazione e alleggerimento fiscale il vicepremier Luigi di Maio per il suo primo intervento pubblico come ministro dello Sviluppo Economico e del Lavoro.

Parla, e raccoglie molti applausi, ai piccoli e medi imprenditori raccolti sotto l’ombrello della potente Confcommercio. Platea non facile per il leader di un partito che ha fatto campagna elettorale promettendo il reddito di cittadinanza e il salario minimo, e di un Governo il cui ministro dell’economia Giovanni Tria considera possibile l’aumento dell’Iva per aumentare le entrate necessarie al taglio delle aliquote Irpef.

Di Maio, che in mattinata era stato a Pomigliano D’Arco, arriva all’Auditorium di via della Conciliazione, quando il presidente Sangalli ha già preso la parola. Matteo Salvini arrivato prima, in quella platea si trova a suo agio, i selfie si moltiplicano e il leader della Lega si limita a cinguettare “Qui a #ConfCommercio2018, con chi produce e resiste! Commercianti, partite Iva e imprese hanno bisogno di pace fiscale, flat tax, eliminazione di spesometri, redditometri, studi di settore e burocrazia, questo sarà il nostro impegno di governo”.

La linea sarà riconfermata da Di Maio. Il vicepremier apre il suo discorso con una plaeteale “captatio benevolentiae” parla a degli imprenditori, ma non dimentica i sindacati (in sala solo Carmelo Barbagallo segretario generale Uil, Camusso e Furlan sono al funerale di Pierre Carniti): “Questa è una grande famiglia per me, sono il figlio di un piccolo imprenditore che si sentiva e faceva anche il dipendente e i suoi dipendenti si sono sempre sentiti un po’ imprenditori. E’ finita l’era del datore di lavoro contro dipendente, siamo tutti insieme per cambiare”.

L’approccio funziona, il “popolo degli imprenditori” (come li ha definiti il presidente Carlo Sangalli) si fa attento. In platea, ad ascoltarlo con il riguardo dovuto a un ministro, ci sono il presidente di Confindustria Vincenzo Boccia, seduto accanto a due eminenze vicine a Silvio Berlusconi, Gianni Letta e Fedele Confalonieri. L’atmosfera si distende, ora il leader del partito che preoccupa tutta Europa deve rassicurare e convincere.

Nei primi quattro minuti di intervento sono state cinque le interruzioni fatte con applausi. Il primo, non di cortesia, arriva quando, parafrasando il “laissez nous faire” del mercante Legendre al ministro J.-B. Colbert di Luigi XIV, dice che la ricetta per far crescere le imprese è di “lasciarle in pace”.

Preludio e premessa di quello che dirà dopo, tutta musica per le orecchie degli imprenditori. Il Governo “votato dagli elettori” andrà avanti sulla semplificazione, ridurrà le leggi e la burocrazia che avvelenano il quotidiano delle aziende. Al capitolo fiscale è un crescendo di applausi e di promesse attese dalla platea. Via lo spesometro, via il redditometro, via tutti quegli strumenti presuntivi di reddito che si fondano sull’idea che l’imprenditore, o il titolare di partita Iva, se può evade, via lo split payement gli studi di settore “che dovevano premiare gli onesti, ma che invece li rendono schiavi”.

Il climax retorico arriva con un liberatorio “siete tutti onesti fino a prova contraria”. E lì – sulla pace fiscale – che si incontrano perfettamente Salvini e Di Maio (nel frattempo Salvini è andato via). “E’ lo Stato che deve dimostrare che hai evaso. Incroceremo i dati della P.A. e se c’e’ qualche furbo, invertiamo l’onere della prova”: è lo Stato che deve dimostrare l’evasione. Applausi scroscianti.

E’ il momento per dire quello che il presidente Sangalli aspetta. Di Maio scandisce le parole quasi come fosse un giuramento: “Dò la mia parola agli Italiani che l’Iva non aumenterà, le clausole di salvaguardia saranno disinnescate”. Sì “disinnescate” come fossero bombe. Ora con la platea anche il linguaggio è diventato comune.

La promessa è seria. In sala non c’è, l’atteso ministro dell’economia Giovanni Tria. Poi il ministro dello sviluppo economico rassicura ancora: “non è vero che diciamo no alle infrastrutture”. Quanto all’Europa la linea è detta “tratteremo con Ue le condizioni che l’Italia non può sostenere, dicendo anche dei no”.

(di Maria Gabriella Giannice/ANSA)

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