Argentina: Macri chiede aiuto al Fmi contro superdollaro

Il Presidente argentino, Mauricio Macri. EPA/David Fernández

BUENOS AIRES. – Messo sotto pressione dal superdollaro, che ha segnato un nuovo record di quotazione malgrado le misure annunciate venerdì scorso, il presidente argentino Mauricio Macri ha annunciato l’apertura di una trattativa con il Fondo Monetario Internazionale (Fmi) per ottenere una “linea di appoggio finanziario”.

In un breve messaggio televisivo, Macri ha difeso la “politica economica gradualista” del suo governo – che punta ad “equilibrare i conti pubblici, proteggendo allo stesso tempo i settori vulnerabili e garantendo la crescita” – ma ha sottolineato che questa politica “dipende molto dal finanziamento estero”.

“Negli ultimi due anni abbiamo avuto un contesto mondiale molto favorevole, ma ora è cambiato”, ha spiegato, a causa “dell’aumento dei tassi e del prezzo del petrolio”, mentre l’Argentina resta “fra i paesi che più dipendono dal finanziamento estero”. Il suo ministro del Tesoro, Nicolas Dujovne, ha ripetuto gli stessi argomenti, senza però chiarire l’entità di una possibile assistenza del Fmi – gli analisti già parlano di almeno 20 miliardi di dollari – né i termini ai quali sarà legata.

Le parole di Macri e Dujovne contrastano fortemente con quelle del presidente della Fed, Jerome Powell, secondo il quale “ci sono buoni motivi per sostenere che la normalizzazione delle politiche monetarie continui ad essere gestibile” per le economie emergenti, e risulta “esagerato” il ruolo che viene dato alla riserva Usa sui paesi come l’Argentina.

Venerdì scorso, la Banca Centrale argentina aveva già portato i tassi al 40%, mentre il governo aveva ridotto il suo obiettivo di deficit fiscale per il 2018, dal 3,2 al 2,7%, per tentare di frenare il crollo del peso, che nelle ultime due settimane ha perso oltre il 12% del suo valore rispetto al dollaro.

L’impennata del dollaro, dovuta essenzialmente a fattori esterni, complica ancora di più la situazione per Macri, che non riesce a frenare l’aumento dell’inflazione, innescata dall’abolizione dei sussidi sul consumo di energia ed altre misure dell’esecutivo. A questo si deve aggiungere il peso politico, in un paese come l’Argentina, del tornare a negoziare prestiti con il Fmi.

Quando, nel settembre del 2004, l’allora presidente Nestor Kirchner annunciò il rimborso dell’ultimo prestito concesso dall’organismo internazionale, la notizia fu festeggiata come una vittoria della sovranità nazionale, e il primo passo verso il ricupero dalla profonda crisi del 2001, segnata dal più grande default sul debito estero della storia.

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