S’impicca in un parco a Torino: “L’azienda non mi paga”

Auto pattuglia dei carabinieri.
Auto pattuglia dei Carabinieri

TORINO. – Non riceveva lo stipendio da un anno, nonostante ogni giorno si recasse a lavorare come carpentiere. Aveva provato a farlo presente al suo capo, un albanese che a Torino gestisce un’impresa edile, ma in risposta aveva ricevuto solo minacce e ricatti. “Ti do i soldi e poi ti licenzio, così la smetti di discutere”, parole dure, che non sembravano lasciare speranza. Per questo Ivan Simion, 53 anni, ieri si è tolto la vita. Si è impiccato a un albero nel parco di Stupinigi, alle porte di Torino.

Arrivava dalla Romania e, insieme alla sua famiglia, era in Italia da una decina d’anni. Nell’ultimo periodo, però, le cose non andavano bene. Lo stress e la depressione. I problemi economici e l’epatite C, malattia che lo indeboliva molto: lui, ad andare avanti, non ce la faceva più. Dopo pranzo, a bordo della sua Fiat Panda, ha accompagnato la moglie dalla signora da cui faceva le pulizie.

“Ti passo a prendere dopo”, le ha detto, come se nulla fosse, come se non avesse intenzione di ammazzarsi. Poi, però, si è recato al parco e non è più tornato indietro. La donna, preoccupata, ha provato a chiamarlo al cellulare. A cercarlo. Poi ha contattato i carabinieri di Orbassano. L’uomo in casa, ha lasciato un biglietto “Perdonami…addio”.

Un saluto, l’ultimo, insieme a qualche disposizione per il funerale e per riprendersi i soldi presso la ditta dove lavorava. Quei soldi che gli spettavano di diritto e che gli servivano per occuparsi della sua famiglia. Ora saranno i militari a fare luce sulla vicenda e a eseguire gli accertamenti necessari.

“La Procura di Torino deve accertare le responsabilità dell’azienda per cui lavorava il carpentiere, verificare se vi siano stati mancati pagamenti o altri comportamenti che hanno spinto l’uomo a compiere quel gesto estremo”, dichiara, in una nota stampa, il Codacons. Che aggiunge: “in caso di omissioni da parte dell’azienda, i titolari dovranno essere indagati per istigazione al suicidio”.

Quello di Ivan è l’ennesimo caso: tra il 2012 e il 2017 sono state 700, in Italia, le persone che si sono tolte la vita sopraffatte da problemi di soldi. E il Codacons lancia un allarme: “nel nostro Paese, l’ondata di suicidi economici non si arresta. Sono troppi i lavoratori e i piccoli imprenditori che, ritrovandosi improvvisamente in gravi difficoltà finanziarie, compiono gesti di disperazione”. Proprio come Ivan.

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